17 ottobre 2007

 

"Se i verdi andassero a Destra"? E' una provocazione inutile: ci sono già

Chissà se chi ha inventato il convegno intendesse con questo titolo provocatorio nascondere e razionalizzare lo slogan perfettamente reciproco, speculare: "Se la Destra andasse dai Verdi".
Ma anche in questo caso avrebbe peccato di ipocrisia: col ministro dell’ambiente di AN Altero Matteoli e il ministro dell’agricoltura Gianni Alemanno (Governo Berlusconi), la Destra, cioè AN, è già "andata" dai Verdi e da Legambiente, nel senso che si è trovata d’accordo con loro su molte cose.
Insomma, il missionarismo di Legambiente ha funzionato: prima, è vero, tanto per tenere la distanza sui temi "etici", hanno insignito Matteoli del "Premio Attila", non ricordiamo più se per via dei condoni, della svendita dei beni demaniali di Urbani o per la caccia permissiva.
Ma dopo, sulle cose più sostanziose, lo hanno irretito e portato dalla loro parte. Alla fine, sia lui che l’ing. Alemanno, sì l’alpinista, erano come i verdi contro la scienza e gli Ogm, ma a favore del business milionario (in euro) del biologico. Con la scusa della fantomatica Dieta Mediterranea e del made in Italy, ma nel senso più corretto del termine: "all’italiana".
Ora leggiamo sul sito degli amici di RL (Riformatori liberali): "E se i verdi andassero a destra?"
La tavola rotonda è stata annunciata per oggi a Roma, in via del Seminario 113, in occasione della presentazione del nuovo numero di Charta minuta, mensile di Farefuturo. Tra gli intervenuti, Benedetto Della Vedova, parlamentare di FI e presidente di RL, Altero Matteoli ora non più cacciatore-ministro ma presidente dei senatori di An, Ermete Realacci (rieccolo), ormai "politico puro", cioè presidente della Commissione Ambiente della Camera. Coordinatore: Adolfo Urso, direttore di Charta minuta.
Non conosciamo Charta minuta, eravamo rimasti alla Magna Charta (ma senza acca per distinguerla da quella vera), di Marcello Pera. Non sappiamo nulla di Farefuturo, ma visto che il fare, a parole, è una loro fissazione, sospettiamo che sia la continuazione con altri mezzi del vecchio Fare verde, gruppo ambientalista di AN, che derivava da Fare fronte, gruppo giovanile del Msi. Ma che faranno mai? E poi sempre a fare, fare, fare. E pensare?
Ma poi, perché ipotizzare come una provocazione "Se i verdi andassero a Destra?" I verdi sono già a Destra. Fin dalla loro fondazione. Una Destra conservatrice, immobilista, anti-scienza e anticapitalistica a parole (ma non aliena dal business, ovviamente fuori concorrenza, vedi i contatti con i produttori del biologico e dell’eolico), che utilizza la Natura non per migliorare davvero l'ambiente naturale o la vita in città, ma per fare normalissima lotta politica. Un marchio per vendere, come il "naturale" o "bio" appiccicato al detersivo dei supermercati. Del resto sono politici a tutto campo, che vivono, pensano e parlano come tutti gli altri.
Io lo dissi che quello era il rischio, anzi il futuro certo, al momento della fondazione (Roma, via Magenta, nella sede della mia Lega Naturista, primi anni 80), quando vidi arrivare strane facce, mai viste prima, oppure gente nota che mai si era interessata di ambiente, ma che, dicevano, volevano fondare "il partito dei verdi".
Noi naturalisti veri fummo messi in minoranza dalle truppe cammellate al loro seguito. A quei tempi le "assemblee" si facevano così, portando gli ascari. Insomma, nacquero male,
Però gli amici di RL che si illudono di trovare la libertà tra i conservatori italiani (anni-luce lontani dai conservatori anglosassoni), credendo di stare in America dove - beati loro - tutti sono liberali (liberali di destra contro liberali di sinistra), non si facciano suggestionare da quella parola magica: "Destra".
Capisco che vogliono essere rieletti, ma è solo negativa. E fa il paio con un’altra brutta parola: Sinistra.
Non solo la politica, ma a maggior ragione l’ecologia, non può essere né di Sinistra né di Destra. Come la cristallografia o l’archeologia, la botanica e la zoologia. E quando il comunismo e il nazismo vollero creare la scienza di sinistra o di destra furono dolori.
Vi dirò, anzi, se gli ambientalisti non fossero di Destra - il che paradossalmente li rende più umani, già visti, insomma più malleabili e ambigui, come tutti gli individui della specie Homo politicus, var. italicus, ma seguissero solo l’integerrima e neutrale scienza naturale, be’, sono sicuro che ai nostri amici di RL - conosciamo i loro gusti - sembrerebbero ancora più insopportabili. Non piacerebbero, toh, come infatti non piacquero a via Magenta nell’84, neanche ai Verdi.

14 ottobre 2007

 

Dal Nobel a Gore alla “ecologia conservatrice” di Alvi. E quella liberale?

Se è vero che i grandi scrittori scrivono sempre lo stesso romanzo, pur con titoli diversi, non pochi commentatori di giornali scrivono alla fin fine sempre lo stesso articolo. Come Geminello Alvi, che da tempo batte e ribatte sul concetto che "l'ecologismo non è di Sinistra, ma semmai di Destra". E per Destra, dichiarandolo esplicitamente, intende correttamente i conservatori, non i liberali.
Abbiamo già presentato in questo blog la tesi di Alvi, quando apparve sul Giornale del 9 gennaio scorso ("Ma l'ecologismo non è di sinistra"), e abbiamo risposto con un articolo "Caro Alvi, è vero, l'ecologismo non è di sinistra, ma neanche di destra" che smentiva che conservare i beni della Natura sia un gesto... conservatore. Conservare l'integrità del Monte Bianco o del Parco d'Abruzzo, Capri e il lago di Garda, la skyline dei nostri paesi dell'Appennino, conservare la massima biodiversità delle specie animali e vegetali (cioè, in pratica, difendere piante e animali selvatici, preservare gli ambienti e il paesaggio a perenne futura memoria), non è un gesto conservatore o di Destra, né è di Sinistra. Ma è un gesto obbligato, sensato e intelligente, proprio come conservare la Pietà di Michelangelo o il Colosseo.
Perché si tratta della nostra memoria, della nostra base culturale, della nostra identità. Senza questi beni caratteristici del "Giardino d'Europa (in effetti, oltre la metà di tutte le specie botaniche d'Europa sono in Italia),
noi Italiani non saremmo niente. Come il passato e la Storia sono alla base di qualunque evoluzione, nessun progresso è possibile senza "far pace con la Natura", perché è in quell'ambiente obbligato che si muovono le attività dell'uomo, presenti e future.
La critica di Geminello Alvi, comunque, ha quel tanto di anticonformismo che permette di rimuovere il luogo comune "sinistrese" dell'ecologismo come guerra all'economia liberale con altri mezzi, e consente di andare oltre, verso una definizione di ecologia liberale, fondata sui diritti di libertà dei singoli, sul dominio della scienza e della storia naturale (v. sul colonnino a sinistra il Manifesto e la dichiarazione dell'Ecologia Liberale). Risponderemo più ordinatamente ad Alvi con un articolo dedicato.(Nico Valerio)
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Non lasciamo la natura in mano ai dilettanti
di Geminello Alvi
Il Giornale, 14 ottobre 2007
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Non v’è dubbio che la cultura e tutte le sue anche più nomate istituzioni si siano sciupate, e impoverite, cedendo alle convenzioni di una parte politica. E il Nobel col quale Al Gore potrà adesso ornare il sorriso del suo faccione obbedisce a questa in-cultura amministrata alle masse. Tuttavia non vorrei che il giusto dispregio che va riservato a consimili premi si estendesse alla questione ecologica. Perché a essere in crisi è oggi purtroppo ogni ambiente; si tratti di quello della cultura o dell’economia o della famiglia. È la forma di tutto che sta mutando, per ora non in meglio; e la perdita di forma ormai generale coinvolge pure la natura.
Neanche lei può lasciarsi fuori dal guaio, che si sta tutti vivendo, e neppure con lei ci si può confortare. Si pensi alle centinaia di milioni di cinesi paghi di cibarsi di riso e carpe. La loro produttività era minimissima; ma serviva a un equilibro millenario che amministrava le acque e aveva una sua forma, che adesso sta finendo. Portati nelle città, sottratti alle loro abitudini e infilati nelle fabbriche e piegati alle leggi di consumi o culture intensive, è vero: la loro produttività e cresciuta. Ma è anche una forma di comunità e di abitudini, che sta svanendo. Giacché le nuove agricolture e l’inurbamento non soltanto avvelenano l’acque e i fiumi, come era impensabile quando la produttività restava minore. Ma soprattutto si sta cancellando la forma consueta della natura così com’era in Cina, o in India, e ovunque.
Perciò la mia idea è che la questione ambientale esista e sia drammatica. Certo, l’argomento ecologico è stato per un politico come Al Gore pure il furbissimo espediente per far obliare la sua scolorita sconfitta. Ed è ovvio che proprio la questione dei cambiamenti climatici è stata scelta da costui perché la più adatta a suscitare sensazione e quindi propaganda. Tuttavia non mi sentirei di giudicare il mutarsi più o meno catastrofico del clima lasciandomi guidare dalle antipatie per la sinistra ambientalista o le furbate di un politico.

Le esagerazioni dei Verdi, a esempio, mi sono ben chiare. Anni fa, sul Corriere della Sera, rifeci tutti i calcoli dell’impronta ecologica, del carico ambientale medio per cittadino italiano. E dimostrai che quelle di un certo ecologismo venivano esagerate ad arte. Era nondimeno chiaro che in Italia un equilibrio ottimale avrebbe richiesto assai meno dei circa 60 milioni di abitanti odierni. E chiunque abiti nelle nostre città, e soprattutto in Lombardia, vede gli effetti di un carico vitale troppo intenso sul suo modo di vivere. E soprattutto vede come la crescita, coi suoi pregi, abbia però anche fatto smarrire la loro forma centenaria ai campi e alle città. E così per il clima.
Non è il mio mestiere, ma potrei anche arrivare a concedere che si stia esagerando. E che il fatto di avere io vendemmiato quest’anno ad agosto sia una mutevolezza meteorologica che non dovrebbe turbarci. Tuttavia mi resta difficile pensare che una crescita vertiginosa non solo della popolazione mondiale, ma anche degli inurbati e dei consumi, sia del tutto ininfluente sulla natura e quindi sul clima. Insomma, avendo fatto l’economista persino in Russia ho ben presente quanto sia ipocrita certa sinistra riguardo al clima. A Pietroburgo, dove vivevo allora, il progresso sovietico aveva avvelenato le falde e l’acqua sapeva di trielina. Bisognava filtrarla e bere solo il caffè. Per non dire della situazione del Baltico o della Camelia. E figurarsi se non è palese la rovina dei verdi italiani a opera di Pecoraro Scanio, o l’inettitudine dei governi di sinistra a ridurre le emissioni di gas serra.
Ma questo non cancella il problema. Anzi l’aggrava. Proprio per il fatto di non potersi fidare delle sinistre o di Al Gore crescono le responsabilità degli altri. E urge che anche la destra si occupi ecologia, come ha ben inteso in Inghilterra David Cameron, leader dei conservatori. Gli argomenti non mancherebbero. A esempio: con quale coerenza le sinistre e i verdi possono volere sempre più immigrati in Italia? Se il carico vitale della popolazione già oggi residente è eccessivo, con quale coerenza si saluta la presente invasione di arabi, rumeni e quant’altri? E ancora: le politiche rurali e di riproporzione della popolazione agricola rispetto a quella urbana non sono di destra, e da sempre? Per non dire di quella attenzione alla forma delle città e dei campi: non è questo un tema dei più conservatori?
Insomma per dirla tutta, credo che l’avversione per Al Gore non debba estendersi alla negazione dei temi ambientali. I guai dell’ambiente non possono essere risolti con la sola crescita economica. E la destra ha il dovere e tutte le maniere per non regalare l’ambiente alle inette propagande delle sinistre.

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