11 dicembre 2007

 

Habitat comunista per i Verdi. Saranno pesci dentro o fuori dall’acqua?

Grazie agli amici Verdi… Grazie? Be’, almeno di ambiente ogni tanto parlano, male e spesso a sproposito, ma ne parlano. Dicevo, grazie ai Verdi di essersi definiti più "di Sinistra". Anzi ora, dopo il Congresso di due giorni a Roma, ancora di più, tanto da federarsi in una discussa unione di fatto con quelli che la Giuria del Campionato del Mondo ha già squalificato come "comunisti fuori tempo massimo".
Ma perché "grazie"? Perché a definirsi così tenacemente "di Sinistra" fanno sorgere nel pubblico il sospetto che esista o possa esistere anche un ecologismo "di Destra". Non ci hanno pensato? Così fanno pubblicità agli avversari, o meglio li invitano a creare simmetricamente un ecologismo altrettanto falso e sbagliato, quello "di Destra". E qualcuno, il solito tonto in AN, ci stava quasi pensando, visto che i post-fascisti Alemanno e Matteoli erano spesso d’accordo, anzi, dicevano le malelingue alla Dagospia, erano ai lingua in bocca con l'estremista di Centro Realacci e la post-comunista ed ex-Arci Legambiente. Che guazzabuglio. E tutti, Sinistra e Destra, con la scusa di essere "antifondamentalisti" (e sta a vedere che fondamentalisti saremmo noi, cioè gli ecologisti puri...), cioè - traduci dal loro linguaggio - incoerenti e antiscientifici, ne hanno fatte di cotte e di crude. Mistificazioni staliniane, obliqui patti Ribbentrop-Molotov, disse il solito esagerato.
Ma no, che dico. Evidentemente i loro osservatori inviati clam noctuque, di nascosto e di notte nel campo avversario, come facevano gli eserciti antichi, hanno scoperto che a Destra non sono affatto desiderosi di una loro ecologia, ma sono semplicemente contro l’ecologia. E questo, se possibile, è ancora più grave che occuparsene male, come hanno fatto sia Matteoli-Alemanno, sia Pecoraro-
Perché con l’ambiente e la Natura, non solo con l’energia (ché lì bastano e avanzano tecnologi ed economisti, e ne abbiamo fin troppi), tutti dobbiamo fare i conti.
Ma allora i Verdi più Rossi faranno dramma o pochade? La seconda. Più che Aristofane, vedo sul palcoscenico molto Feydeau, quello della commedia degli equivoci e dei qui-pro-quo piccolo-borghesi. Anche qui siamo nella più profonda provincia conservatrice. L'ipocrisia regna sovrana. Si dice ma non si fa, Si fa ma non si dice. L'ecologia rossa. Certo, come la pummarola. Ma il San Marzano non va più: s'ammuffisce subito. Meglio il Pachino, frutto biotech recente, tutto made in Italy. Teatro delle operazioni? Dieci porte in scena che si aprono e chiudono di continuo: l’amante esce mentre il marito tradito arriva. Com’è, come non è, non si scontrano mai: se no, finirebbe la commedia. Ecco, non vorremmo che mentre la buona e ingenua Francescato, per non vedere sozzerie esce di scena, da un’altra porta entrasse Pecoraro, l’avvocato partenopeo innamorato della mozzarella di bufala, quello che ha fatto degli accordi con le imprese del biologico e dell’eolico, che in teoria è solo business per le ditte, la ragione di vita del gruppo, e dei posti di potere e sottopotere il collante per una base disorientata, tra cattolici anti-Nord, marxisti anti-Occidente, e i pochi ecologisti veri emarginati in qualche Commissione scientifica a calcolare il numero degli uccelli in un Parco. Mentre le gigantesche torri dei mulini a vento del Duemila macinano milioni di euro dei contribuenti distruggendo il Paesaggio italiano delle colline e delle creste del Centro-Sud. Bell’amore per il Sud del Mondo.
Noi vogliamo bene alla Francescato, anzi l’unica cosa per cui la critichiamo è di aver scritto un libretto sugli angeli, entità in cui non crediamo, ma di cui lei è una cultrice. E si vede. Pensi lei stessa a guardarsi dai diavoli, piuttosto, ora molto più rossi che verdi, visto che la vicinanza dell’angelo custode non sembra giovarle. E abbiamo stima per gli ecologisti scientifici della prima ora, come Mezzatesta, che era seduto accanto a me nell'84, a via Magenta, quando dei tipi strani che prima si erano occupati di tutt'altro (Paolo Cento, Rutelli ecc) vennero da noi col progetto d'un Partito Verde. Naturale che nessuno tra i capi Verdi lo abbia premiato con la presidenza di un Parco, tanto per dire.
Si annulla un logo e se ne apre un altro. Dal verde stinto all’arcobaleno di Sinistra. Già la Destra è un arcobaleno capace di tutto, con la scusa della variabilità e incertezza dei sette colori dell’iride, figuriamoci l'arcobaleno di Sinistra, dove presi singolarmente sono più intelligenti o più furbi, ma tutti insieme notoriamente buoni a nulla, come dice saggiamente Pannella. D’accordo, non cambierà molto rispetto all’andazzo verde degli ultimi decenni, ma secondo noi è una mossa pazzesca, controproducente, dannosa per l’ambiente perché radica nella gente il sillogismo ridicolo che la Natura è di Sinistra. Ma che vuol dire? Vuol dire solo che in futuro, spaventati dall’alleanza con gli sconfitti della Storia, ancorché "comunisti" da pizza napoletana e mozzarella di bufala (ma questa non è un’attenuante), i giovani eviteranno ancor di più di dedicarsi alla tutela dell’ambiente. Una poderosa zappa sui piedi, che però coinvolge anche noi ecologisti veri, di stampo scientifico-liberale. Una pubblicità negativa per tutti.
La caduta libera dell’ecologismo politico in Italia è inarrestabile. Quando fondammo a Bologna, nel giugno 1975, durante un Congresso radicale, il primo club ecologista in Italia, la Lega Naturista, che per la prima volta metteva insieme l’ecologia scientifica, la tutela dell’ambiente, delle piante e degli animali, l’idea del I Referendum contro la caccia, l’autosufficienza, le energie rinnovabili, il risparmio energetico, ma anche la coerenza delle scelte salutistiche individuali (il naturismo), il metodo non-violento e la denuncia politica dei Radicali, l’Italia, il Mondo, sembravano essere con noi. Il nostro pareva davvero il Manifesto della Riforma della Vita, anche quella quotidiana. Tutto da allora in poi – credevamo – avrebbe dovuto essere diverso. A centinaia i giovani idealisti e libertari aderivano. Ma ora tutti sembrano essere diventati daltonici e scaricano antipatia contro i Verdi definitivamente vestiti da Rossi. Davvero la Natura è "di Sinistra"? Ma se poi all’atto pratico, da decenni non si ascoltano gli ecologi, si fa Potere e sottopotere, si stipulano accordi con ditte e interi comparti produttivi (famoso quello con l’Anev, l’associazione delle ditte produttrici delle torri d’acciaio del finto eolico in un’Italia senza vento), cioè si fa una politica-business e una politica mediatica che la stessa Sinistra quando critica gli altri definisce "di Destra", non è un po’ provocatorio definirsi ora ancora più "di Sinistra"? Una pochade che, come nel Feydeau della vecchiaia, non fa più ridere. Il pubblico non applaude più, perché sa già come andrà a finire: tanto Potere, niente Natura. Come sempre. Il sole ha smesso da un pezzo di ridere: è diventato una lampadina. Magari fornita dall'Enel.

10 dicembre 2007

 

Ambiente e uso delle strade. Niente bollo auto: si pagheranno i km percorsi

Perfino i manuali di scienza delle finanze lo raccomandano, ma i governanti fanno orecchie da mercante. Le tasse giuste dovrebbero essere commisurate non al teorico potere di spesa del cittadino o d’una classe di cittadini (concetto vetero-socialista), ma all’effettivo uso o godimento dei servizi pubblici che il singolo cittadino fa durante l’anno (concetto liberale). Purché questi servizi pubblici siano validi.
Non dimentichiamo che le tasse sono nate come controprestazione: lo Stato, su volontà dei cittadini, prende da loro, insomma "fa colletta", per realizzare servizi pubblici per i cittadini, quei servizi che i singoli anche collegati non possono fare. Per liberali, ricordiamolo sempre, le tasse vanno ridotte al minimo indispensabile, in coerenza con la richiesta d’uno Stato efficiente ma ridotto ai servizi essenziali per garantire e favorire proprio le libertà e i bisogni essenziali dei singoli cittadini.
Ma se tra le tasse esiste una categoria ingiusta, è quella delle "tasse uguali per tutti", per esempio il bollo sulle auto. Che l’auto resti ferma in garage, o che sia l’auto di lavoro d’un rappresentante di commercio che fa centinaia di chilometri al giorno, allo Stato ottuso non interessa. Purché tutti paghino questa assurda tassa sul possesso.
Eppure, un’automobile che rispetta il proprio nome, cioè corre ogni giorno "consuma" molto: manto stradale, segnaletica, lavoro di personale addetto al traffico, polizia specializzata, caselli autostradali, inquinamento urbano chimico e acustico, occupazione di suolo pubblico, rallentamenti del traffico, stress collettivo, incidenti e spese sanitarie, danni e spese per assicurazioni ecc. Insomma, partecipa d’un costo induttivo dell’ordine di miliardi di euro all'anno per la cittadinanza. E invece paga una tassa esigua, simbolica, pari a quella d’una automobile ferma – una contraddizione, ma non è un caso isolato – o che percorre pochi chilometri a settimana.
E invece, per disincentivare l’uso sconsiderato dell’auto, basterebbe eliminare la tassa sul possesso, che è di vago stampo sovietico, e far pagare le tasse di circolazione e perfino servizi autostradali, multe e assicurazioni, in ragione dei chilometri effettuati realmente o virtualmente (carta prepagata, iscrizione preliminare in un registro di classi di percorrenze, scatola nera a bordo o quant’altro la tecnologia all’avanguardia suggerirà).
Timidamente, la solita Olanda, Paese sempre all’avanguardia nel definire le nuove libertà e rafforzare le vecchie, ha preannunciato il pagamento del bollo auto in ragione del percorso realmente compiuto dal mezzo. Peccato che l’iniziativa liberale parta solo dal 2011. Perché? Anche nella civile Olanda le lobbies conservatrici non perdonano, e ci vogliono anni per piegarle?
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Foto. Confesso un conflitto d'interessi: l'immagine dell'auto antica è quella del modello di Mg-Tc che ho io. Non è la mia, che anzi, modestia a parte, è più bella, come si può vedere nel blog personale, ma ha lo stesso colore. Le auto d'epoca, comunque, sono dei musei viaggianti, testimoniano la cultura, la tecnologia e l'artigianato d'un tempo. Vogliono da parte dei proprietari una speciale cura nella manutenzione, un minimo di cultura estetica, spesso restauri complessi e con una certa ricerca filologica (tempo e soldi che lo Stato, anzi, dovrebbe rifondere). Non hanno un grammo di plastica. E non inquinano, perché camminano pochissimo: nessun rappresentante di commercio ci gira l'Italia. Perciò sono per la liberalizzazione totale delle auto pre-anni 50 anche nei centri storici. All'opposto, vieterei tutti i camion e i pullman, e metterei tasse di 35 euro al giorno ai Suv che volessero girare inutilmente per le città, inquinando e sottraendo spazio prezioso, come sta per fare il sindaco di Londra. E io sono anglofilo...

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