30 maggio 2009

 

“L’energia solare deve sostituire quella eolica”, dice il Nobel Jack Steinberger

Centrale fotoelettrica con sistema termodinamico nel Mojave Desert, in California
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In un'intervista al Times il premio Nobel Steinberger, direttore del Laboratorio di Fisica delle Particelle del CERN di Ginevra, esprime la stessa opinione sulle energie alternative di un altro Nobel, l’italiano Rubbia:
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L’Europa dovrebbe annullare il suo sostegno all’energia eolica al più presto e concentrarsi sulle molto più efficienti forme di energia pulita che stanno emergendo, ivi compresa l’energia solare termica. Così si è espresso ieri uno dei più famosi scienziati del mondo.
Il Prof. Jack Steinberger, Premio Nobel e direttore del laboratorio di fisica della materia del CERN a Ginevra, ha dichiarato che l’energia eolica è una tecnologia illusoria, una via senza uscita che si dimostra antieconomica e uno spreco di risorse nella lotta contro il cambiamento del clima.
“Il vento non è il futuro” ha detto alla riunione dei Premi Nobel alla Royal Society. Invece, secondo lui, tecnologie come quella dell’energia termo-solare in cui specchi parabolici riflettono i raggi solari per generare calore e elettricità, sono un modo più promettente di sostituire i carburanti fossili.
“Sono certo che l’energia del futuro si orienta verso il termo-solare” ha dichiarato a Times. “Non esiste nulla di paragonabile. Prima ci concentriamo su questo tipo di energia, meglio è”.
Il Prof. Steinberger ha detto che tutte le risorse fossili saranno esaurite fra 60 anni e che una rete di impianti solari costruiti nel Sahara potrebbe sicuramente fornire quasi l’80 % del fabbisogno europeo di energia verso la metà del secolo. Ha fatto appello ai governi europei di formare un progetto pilota nell’Africa settentrionale collegato all’Europa per via di cavi ad alto voltaggio sotto il mare. Già adesso l’energia termo solare è economicamente vantaggiosa e farla avanzare un po’ la porterebbe presto a battere tutte le forme rivali di vento, geo-termale, onde ecc. “I governi concentrino gli sforzi in questa direzione proprio adesso”.
Un progetto termo solare di 3-3.5 gigawatt nell’Africa settentrionale, che produrrebbe sufficiente elettricità per due milioni di case, costerebbe £ 20 miliardi per la costruzione. “Sono convinto che potreste produrre elettricità e spedirla in Europa a un prezzo uguale a quello del carburante fossile”.
Ha ancora dichiarato che l’energia intermettente, come quella eolica, richiede elettricità di supporto, il che riduce il contributo alla riduzione delle emissioni. Invece l’energia solare può fornire elettricità per 24 ore.
L’Inghilterra dà la precedenza all’energia eolica allo scopo di ridurre le emissioni del 34 % entro il 2020. Il Governo pensa di costruire entro il 2020 impianti offshore di 33 gigawatt (nel mare). Il preventivo della società di servizi Ernst & Young prevede una spesa di oltre £ 100 miliardi. Secondo il Prof. Steinberger la spesa per l’Europa di rendersi indipendente dai carburanti fossili per l’80 %,dovrebbe aggirarsi su £ 440 nei prossimi 30 anni. Ma i governi devono prendere delle coraggiose decisioni su quale tecnologia impiegare.
Impianti termo-solari su scala commerciale esistono già in Spagna, negli Stati Uniti e in Germania, ma occorre eseguire ulteriori ricerche per migliorare la tecnologia e ridurre i costi, ha aggiunto il professore. Per esempio, ancora non c’è accordo sul design più efficiente dello specchio da usare, oppure sulla natura del “termovettore” il materiale riscaldabile su cui i raggi solari sono riflessi nel processo di generare elettricità.
Prof. Burton Richter dell’Università di Stanford in California, ha dichiarato che l’energia solare è una delle più interessanti nuove tecnologie dell’energia, ma c’è posto anche per l’eolico.
La Cina ha in programma di lanciare un piano di energia solare nazionale del valore di miliardi di sterline. La Cina potrebbe diventare il paese della maggiore raccolta di energia solare del mondo. Il pacchetto di assistenza economica da parte del governo mira a incentivare grossi impianti solari e pannelli sui tetti, è stato detto ieri. La Cina è il più forte produttore di pannelli fotovoltaici del mondo, ma il 95 % è destinato all’esportazione. La crisi economica ha ridotto i prezzi dei pannelli del 30 %:

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22 maggio 2009

 

Ecco il prototipo di “casa attiva": genera più energia di quella che consuma

Non siamo tra quelli che danno ad intendere che il problema ambientale si risolve costruendo nuove case "in stile ecologico" (vedi certo snobismo estetizzante d'una parte della cosiddetta "bio-architettura") o che anziché assorbire energia la producono in eccesso. Come se ecologia volesse dire energia e non stile di vita, e come se la Natura anziché stare a cuore a tutti gli uomini, fosse ridotta ad una competenza professionale in più per i soliti "mani-in-pasta" (ingegneri, architetti e geometri) che così gravi responsabilità hanno avuto finora nello squallore estetico-urbanistico-sociale delle nostre città, e nella distruzione del territorio. Questo è proprio quello che industria e corporazioni vorrebbe far credere. L'industria della pseudo-ecologia.
Però, sul piano del risparmio energetico è un grande vantaggio di partenza che si inizino a costruire prototipi sperimentali di case davvero autosufficienti, come riferisce Francesco Tortora su Corriere online di oggi. Per ora, un po' bruttini ed esteticamente gelidi e impersonali, però dei bravi architetti in futuro potranno fare meglio, soprattutto tenendo conto del paesaggio e delle tradizioni dei vari Paesi europei. La foto è tratta dal Guardian.
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La prima "casa attiva" a emissioni zero: genera più energia di quella che consuma
È stata costruita a Lystrup, vicino Aarhus, in Danimarca. La progettista: «Stiamo costruendo un'idea». L'unica pecca è il prezzo: l'abitazione costa circa 570.000 euro
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Aarhus (Danimarca) - Produce più energia di quella che consuma, ha un computer centralizzato che controlla temperatura e clima degli interni ed è superecologica. La prima "casa attiva" (Active House), abitazione che usa tecnologie innovative in grado non solo di rendere gli alloggi autosufficienti da un punto di vista energetico, ma anche capaci di produrre energia in eccesso, è stata costruita a Lystrup, quartiere periferico di Aarhus, in Danimarca. Un giornalista del quotidiano inglese Guardian è andato sul posto per vedere questo gioiello tecnologico a emissioni zero.
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RISCALDAMENTO ED ELETTRICITA'
La parte del tetto che si affaccia a sud è coperta completamente da pannelli solari e da cellule fotovoltaiche: l'energia assorbita dai primi sarà utilizzata per riscaldare la casa, mentre le seconde convertiranno l'energia dei raggi del sole in elettricità. Il computer controllerà le temperature interne ed esterne e automaticamente aprirà o chiuderà le finestre quando è necessario. L'energia in eccesso potrà essere venduta dai proprietari della casa agli enti pubblici della zona e secondo il Guardian in 30 anni, i guadagni ottenuti dovrebbe coprire la somma versata per costruire la casa.
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CONVENIENZA
Secondo gli studiosi questo tipo di abitazione è molto più conveniente delle cosiddette "case passive", molto di moda in alcuni Stati ecologisti, come l'Austria, la Germania e i paesi scandinavi. Le case passive riescono ad ottenere «il benessere termico> grazie alla particolare forma dell' edificio che consente di risparmiare circa l'80 per cento dell'energia rispetto a una casa normale (in queste abitazioni è quasi nullo l'utilizzo di elettrodomestici o di impianti convenzionali come i termosifoni o le caldaie). Tuttavia, le case attive, grazie alla loro innovativa tecnologia riescono a far meglio perché producono un eccesso di energia e sono completamente ecologiche. «Molte persone credono che se una cosa è ecologica, deve essere per forza complicata» afferma Rikke Lildholdt, project manager che ha ideato questa casa attiva. Invece secondo la progettista non vi è nulla di complesso: «Si tratta di vivere una vita confortevole in una casa che produce più energia di quella che usa» dichiara entusiasta la Lildholdt.
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PRIMA FAMIGLIA
Quella dei Simonsen sarà la prima famiglia a vivere in questa casa supertecnologica. In tutto, il nucleo familiare è costituito dal Sverre, il capofamiglia, Sophie, sua moglie e due bambini, uno di otto anni e l'altro di sei. Si trasferiranno il prossimo primo luglio e resteranno nell'abitazione circa un anno. Durante questo periodo scriveranno giorno dopo giorno un diario per raccontare le loro impressioni e il loro rapporto con la casa. Alla fine l'unica pecca sembra essere il prezzo, forse un po' eccessivo: la casa costa circa 570.000 euro, ma secondo Lildholdt quando diventerà un "prodotto commerciale" il suo prezzo non supererà quello di un normale trilocale. Attualmente altre nove case attive sono in costruzione in Europa. «Non stiamo costruendo case. Stiamo costruendo un'idea» commenta orgogliosa la Lildholdt.

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14 maggio 2009

 

Oceano e ora anche Mediterraneo: tonno e grandi pesci inquinati dal mercurio

Il tonno, specialmente il "tonno rosso" (Tunnus thynnus) è una specie ormai a rischio di estinzione, per colpa soprattutto dei giapponesi e della loro mania per il sushi. Per loro viene allevato e ingrassato in apposite gabbie galleggianti con enormi quantità di alici e sardine, la cui distruzione massiccia pone ulteriori problemi ecologici.
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Sani come pesci? Se le carni di terra sono inquinate da farmaci, antibiotici e ormoni somministrati negli allevamenti intensivi, se i pesci di allevamento di acqua dolce sono condizionati dalla qualità dei mangimi e degli additivi, anche i pesci spontanei pescati negli Oceani sono inquinati da sostanze chimiche estranee. Per esempio, il tonno, il pesce spada, e tutti i pesci carnivori di grossa taglia, a causa della lunga catena trofica (pesce grande mangia pesce piccolo), contengono notevoli quantità di metalli pesanti non eliminabili dal metabolismo animale, primo tra tutti il neurotossico mercurio.
Pensiamo a quanti milioni di persone mangiano sempre più spesso tonno come alternativa alla carne di manzo, e ai tanti pigri - quanti ne conosciamo! - che al massimo della creatività gastronomica si limitano a rovesciare il contenuto di una scatoletta di tonno, liquido di conserva compreso, sul piatto di pastasciutta (tempo di preparazione totale: 7 minuti).
Il sito americano BioEd Online, del Baylor College di Medicina di Houston (Texas) ha pubblicato un interessante articolo di sintesi sul problema. "Il mercurio sta aumentando nelle acque e nei pesci dell’Oceano", dà l’allarme Naomi Lubick. Una ricerca di E. Sunderland e colleghi dell’Università di Harvard ha anche ipotizzato un meccanismo probabile d’azione. Il mercurio potrebbe provenire per lo più dall’inquinamento atmosferico (prova ne sia che nelle acque superficiali è più abbondante), sarebbe metilato dal plancton e poi, reso in tal modo assimilabile, riconsegnato al mare e alla catena alimentare marina.
Tra gli studi recenti citati c’è anche quello di Nicola Pirrone, direttore dell'Istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Cnr, nel numero di maggio della rivista scientifica Limnology and Oceanography, ripreso da "Nature". Ebbene, dallo studio italiano emerge che anche il Mediterraneo è inquinato da mercurio, anche se meno di altri mari. Nulla di comparabile, per esempio, ai mari dell'Estremo Oriente (dice niente il "morbo di Minamata"?). E come se non bastasse l’inquinamento dei residui di lavorazioni industriali, si è scoperto che hanno grande importanza i giacimenti naturali sul fondo marino del minerale mercurico cinabro, nell’Antichità usato per creare il colorante rosso.
Sul quotidiano ecologista Terra, F. Tulli ha anticipato il 16 aprile questo studio rivelando lo strano paradosso che pur essendo il mare Mediterraneo tra i relativamente meno inquinati da mercurio, i suoi pesci risultano tra i più ricchi di tracce di questo metallo. Come mai?
L’anomalia, che emerge in particolare nella comparazione con la fauna ittica atlantica, è stata oggetto di uno studio di Nicola Pirrone, direttore dell’istituto sull’Inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr), i cui risultati sono stati pubblicati sul numero di maggio della rivista scientifica Limnology and Oceanography. "L’intento della ricerca - spiega Pirrone - è stato quello di capire in che modo il mercurio si accumula nei pesci e in che misura, riducendo le emissioni, viene intaccato questo meccanismo".
Dalle analisi è emerso che gran parte del mercurio che si trova nel nostro mare proviene dall’atmosfera, ed è ovviamente prodotto dall’uomo. Le principali fonti sarebbero le discariche, tramite le quali si inquinano le falde acquifere, e le emissioni delle centrali termoelettriche a carbone, degli inceneritori, delle acciaierie e delle industrie produttrici di vari metalli. Quando il mercurio arriva nel mare, una parte si sedimenta, una seconda resta disciolta, una terza si accumula nei pesci e una quarta porzione torna nell’aria.
Ad aggravare la situazione per la fauna ittica del Mediterraneo sono i cambiamenti climatici che influenzano in modo determinante i tempi di residenza in atmosfera del mercurio. La forte irradiazione solare, le elevate concentrazioni di ozono e di particolato atmosferico creano una "miscela" che provoca la formazione di mercurio reattivo, ossia più facilmente trasferibile dall’atmosfera alle acque marine superficiali. Una tesi, questa, che Pirrone aveva illustrato già nel 2005 in occasione della presentazione del volume di cui è stato curatore: Dynamics of mercury pollution on regional and global scales - Atmospheric processes and human exposures around the world (Springer Verlag).
Ma un ruolo in questa storia - continua Terra - è da assegnare anche al mercurio presente in natura. Lungo i fondali di tutto il Mediterraneo corre infatti un giacimento di cinabro, minerale ricco del metallo incriminato. Non a caso un altro obiettivo delle analisi effettuate dalla nave laboratorio Urania del Cnr è stato quello di verificare quanto mercurio deriva da questi giacimenti e quanto è quello di origine antropica.
Principale artefice della dispersione di questo veleno, l’uomo è anche la vittima del mercurio al pari dei pesci. I pericoli sono molto gravi: problemi al sistema nervoso centrale, con alterazioni motorie e neuronali, problemi renali, cardiovascolari, insorgenza di forme cancerose, soprattutto al sistema immunitario: sono questi i principali rischi che corre chi è esposto ad alte concentrazioni di mercurio.
E quali sono a livello mondiale le zone più pericolose? "I dati sull’inquinamento atmosferico in Europa non preoccupano quanto quelli di alcune regioni della Cina o del Vietnam", osserva Pirrone. È qui che il mercurio si trova in miniere a cielo aperto ed è qui che viene usato come amalgama per l’estrazione dell’oro.
Secondo studi del 2005, riportati nel libro curato dal ricercatore dell’Iia Cnr, su scala globale ogni anno vengono rilasciate in atmosfera circa 4.500 tonnellate di mercurio, di cui 2.250 derivanti da attività industriali e il resto da sorgenti naturali. In definitiva sono i Paesi asiatici, che contribuiscono per il 40 per cento delle emissioni mondiali, a determinare l’impatto più evidente sulla catena alimentare. Ciò non toglie – conclude Tilli – che anche dalle nostre parti per evitare rischi alla salute è preferibile consumare pesci di piccola taglia. Nella fauna ittica di grandi dimensioni, infatti, l’accumulo di mercurio può risultare pericolosamente tossico.
Sulla salute dell'uomo il mercurio ha effetti devastanti: può danneggiare le funzioni cerebrali, il Dna e la riproduzione. Un duro colpo per i tanti pigri in cucina, che spesso si limitano ad un facilissimo piatto unico: spaghetti al tonno.

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