23 settembre 2009

 

Era ora: il capitalismo riscopre il valore dell’ambiente. Almeno per gli eredi

Le vignette satiriche anticapitalistiche non tenevano conto che l'inquinamento sarebbe stato in futuro un costo altissimo per la società, per i consumatori e quindi per gli stessi produttori.
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Il presidente Obama sta ribaltando la posizione degli Stati Uniti sul clima e l’ecologia, sia all’interno del Paese con il rilancio delle energie pulite e il no agli sprechi, sia all’esterno, nei programmi e accordi internazionali di salvaguardia dell’ambiente (si veda l’articolo precedente).
Certo, i conservatori americani daranno battaglia e faranno ostruzionismo in Parlamento. Ma moralmente, economicamente e storicamente, hanno già perso.
I conservatori passano per "super-capitalisti cattivi", loro stessi amano atteggiarsi a eroi negativi dei film sul Far West. Teorizzano con autoironia e cinismo che per quanto criminali fossero i pistoleri delle nuove terre dell’Ovest, dopo tante sparatorie e uccisioni, avranno pur dovuto trovare tra loro un qualche gentlemen agreement, un complesso di regole di convivenza, cioè di mercato. Ecco, appunto, la parabola sulle regole, fondamentale per il capitalismo, come anche per il liberalismo.
Ma le idee e il comportamento della Destra degli Stati Uniti (senza contare le loro teorie economiche ridicolizzate dalla caduta di Wall Street) dimostrano che loro in realtà, come contadini dell’èra pre-capitalistica, di regole di convivenza non vogliono sapere. Quel "gentlemen" (si fa per dire) agreement non lo hanno mai trovato, e neppure lo cercano. La loro incomprensione del principio di interconnessione dei problemi, vera e propria "ecologia del pensiero", li porta a negare l’importanza dell’ambiente, della limitatezza delle risorse naturali della Terra. Il loro negazionismo dell’influenza umana sull’ecologia, sull’inquinamento e sul clima è simile a quello di coloro che sostengono che l’Olocausto non c’è mai stato, che l’Uomo in realtà non ha mai messo piede sulla Luna, e che si stava meglio negli Stati del sud dove c’era lo schiavismo. Che è come dire che nel Sud-Italia si viveva meglio sotto i Borboni.
Strano, ripeto, perché il capitalismo nacque da persone intelligenti, positive, moderniste, progressiste, oggi diremmo perfino "di sinistra", almeno come mentalità, visto che si opponevano ai privilegi, alle rendite parassitarie e ai monopoli di clero, aristocrazia e Stati. Insomma, il capitalismo interpretato dai conservatori – ma, attenzione, non dai liberali, che di queste cose si intendono meglio – è una cosa un po’ ottusa che fa a pugni col capitalismo vero. Che, direbbe Croce d’accordo con Einaudi (cfr. "Lezioni di politica sociale"), o è liberale o non è. Cioè sarebbe solo privilegio di pochi.
Il capitalismo è modernista, e quindi capisce che l’ecologia non solo esiste, ma ha un altissimo valore. Mentre i conservatori che abusivamente lo interpretano sono tradizionalisti Anciene Régime. Il Medioevo dell’ignoranza, della sicumera, dell’egoismo ottuso, che finisce poi per ritorcersi contro. "Io ho il mio raccolto. Non mi interessa se produco a costi crescenti per via degli sprechi, se nel mio campo sterpaglie, cattivo concime, pietre e detriti impediranno a mio figlio di fare altrettanti guadagni, tantomeno m’interessa quello che accade nel campo del vicino. Penso all’oggi, non al domani". Ecco, questa è la contraddizione del capitalismo, che è fondato sul pensiero e sulla "speculazione", termine filosofico che sta per raffigurazione di scenari, proiezioni nel futuro, immaginazione creatrice, fantasia. Fosse nato da queste persone e da questa grettezza di corta visuale, il capitalismo non sarebbe mai nato.
Quindi sbagliano i conservatori al di là e al di qua dell’Atlantico che negano l’ecologia, a cominciare dall’influenza delle attività umane sull’ambiente. L’ecologia non è il diavolo, cioè una "cosa di sinistra", come dicono loro. E’ vero, la Sinistra ha cercato di monopolizzarla e usarla a fini politici. Ma ad inventarla sono stati scienziati neutrali, e i suoi primi divulgatori sono stati, anzi, dei liberali.
Altro che "ecologia anticapitalistica", come vanno cianciando gli ultraconservatori più ottusi. Da quando esiste il capitalismo, mai una generazione ha consumato in modo più stupido e inutile i beni, la terra, l’ambiente stesso in cui vive, come quella contemporanea. E il buffo è che lo spreco, l’inquinamento, la distruzione di risorse, avviene – a sentir loro – in nome del capitalismo. Come se la sporcizia, la distruzione della Natura, la cementificazione del suolo in presenza di milioni di stanze vuote e inutilizzate, i rifiuti inutili, la plastica anziché il vetro o il cartone, la mania di imballaggi più voluminosi dello stesso contenuto e difficili da eliminare, le discariche fatte confluire nei torrenti, i rifiuti gettati in mare, la spinta pubblicitaria allo spreco e al consumo inutile (dal rasoio usa-e-getta alle luci stand-by degli apparecchi elettronici), i prodotti durevoli costruiti apposta per durare poco, le emissioni dalle ciminiere che ricadono prima di tutto sugli stessi operatori, gli additivi e i processi inutili o tossici che colpiscono allo stesso modo produttori e consumatori, operai e dirigenti di azienda, e mille altri esempi, non fossero un altissimo costo diretto e indiretto, ma un effimero vantaggio che dà l’illusione del profitto e che impoverisce le future generazioni. A cominciare dagli eredi delle imprese capitalistiche. Che impresa, che mercato, che ambiente, che cibo, si troveranno i figli dei capitalisti? Anche loro malediranno i padri?.
Insomma, l’anti-ecologia e il consumismo si ritorcono contro un certo capitalismo da operetta, che essendo senza regole certe non è storicamente fondato, né razionale, né perciò liberale. Ricordiamoci sempre che "esser liberi, significa dipendere solo dalle leggi", come scriveva Voltaire. Senza regole, dunque, non esiste libertà, ma solo prepotenza, privilegi di pochi, perché la libertà è caratterizzata dai limiti, visto che esistono anche le libertà degli altri. L’ecologia, perciò, che tanto ha a che fare con il concetto di limite, è una discreta parafrasi del liberalismo.

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Stati Uniti e Cina cominciano ad ammettere i propri errori sull’ambiente

Inquinamento industriale selvaggio in Cina
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IL PRESIDENTE OBAMA - "La minaccia è grave, urgente e crescente: se non agiremo rischiamo di consegnare alle future generazioni una catastrofe irreversibile". Il presidente americano Barack Obama lancia l'allarme sul futuro del pianeta da New York, dove è in corso il summit dell'Onu sul clima: "Il tempo rimasto per correre ai ripari sta per scadere" – riferisce il Corriere della Sera – "La sicurezza e la stabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli sono a rischio". Obama non nasconde che un nuovo accordo sul clima, anche se possibile, "non sarà facile". "Non ci facciamo illusioni, la parte più dura del lavoro resta ancora da fare in vista di Copenaghen - ha detto il presidente americano -. Anche gli Stati Uniti hanno fatto poco, ma questo è un nuovo giorno, questa è una nuova era e posso dire con orgoglio che gli Stati Uniti hanno fatto di più per l’energia pulita e per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia". Quindi ha invitato anche i Paesi emergenti coma la Cina e l'India "a fare la loro parte, adottando misure vigorose".
CINA, MEGLIO TARDI CHE MAI: "RIDUZIONE DI CO2" - E proprio la Cina, come atteso, ha lanciato un segnale positivo. Il presidente Hu Jintao ha detto che il Paese intende ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto nazionale lordo di un "margine notevole" entro il 2020. Davanti a una platea di oltre cento leader mondiali, Hu ha precisato che il suo governo sta portando avanti enormi sforzi e che continuerà ad agire "con determinazione": ha parlato di un importante aumento della superficie boschiva, di tecnologie eco-sostenibili e di un aumento del 15% della quota di energia non fossile nel totale del consumo grazie a uno "sviluppo vigoroso" delle energie rinnovabili e nucleare. Ad oggi la Cina è considerata il Paese maggiormente responsabile dell'inquinamento globale dell'atmosfera assieme agli Usa: ai due Paesi è riconducibile il 40% delle emissioni di Co2. Il primo ministro giapponese Yukio Hatoyama, dicendosi in totale accordo con il "Green New Deal" di Obama, ha ricordato che il suo Paese intende ridurre del 25% le emissioni di gas serra entro il 2020.
SENTI CHI PARLA. ORA ANCHE LE PULCI HANNO LA TOSSE - L'incontro al Palazzo di Vetro è stato aperto dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha rimproverato la comunità internazionale per la "lentezza glaciale" dei negoziati verso un nuovo trattato che sostituisca il protocollo di Kyoto nel 2013. "Abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori - ha detto Ban di ritorno da una missione al Polo Nord -. Sull'Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente". Il cambiamento climatico colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati e in particolare l'Africa, dove "il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo, destabilizzando Stati e rovesciando governi". Ban ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati, invitandoli "a fare il primo passo", perché così "altri adotteranno misure audaci". Il nuovo trattato deve includere "obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020 e supporto finanziario e tecnologico" ai Paesi in via di sviluppo. Un fallimento alla conferenza sul clima di Copenaghen di dicembre, ha concluso, sarebbe "moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato".

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