16 settembre 2010
Bene così: il calo dei consumi (inutili) ha ridotto del 17% la CO2. Senza costi.
La riduzione insperata della CO2 è stata comunicata dall’Agenzia europea per l’ambiente con un ampio rapporto annuale, corredato di molte tavole scaricabili in formato zip. Interessante anche una sintetica tabella comparativa tra i Paesi membri della UE (l'Italia non fa una bella figura).
Le cause? Anche – ma non soltanto – la crisi economica, ma molto ha giovano la modernizzazione delle industrie. Il Rapporto ricorda, ad esempio, la sostituzione massiccia in Spagna del carbone col gas. Fatto sta che in Europa l’anidride carbonica emessa è stata ridotta del 17,3 per cento (un aggregato che andrebbe controllato meglio, dividendolo Paese per Paese). Si ricorda, infine, che la data iniziale visibile sulle tabelle è il 1990, mentre l'obiettivo finale del trattato di Kyoto è il 2020.
Va bene che la tendenza era in atto da quattro anni (un deciso abbassamento del tasso di emissione iniziò nel 2003), ma l'entità della diminuzione dell'ultimo anno è stata uno scatto insperato. Ancora fino a due anni fa, il Governo Berlusconi e la Confindustria, si attardavano a polemizzare con l’Unione Europea, e consideravano con ironia, un programma da Regno d'Utopia, l’obiettivo del risparmio del 20 per cento di CO2 da raggiungere nel lontano 2020. Già oggi, invece, quell’obiettivo appare a portata di mano.
Ne riferisce in sintesi V. Guarlerzi su Repubblica online dell’11 settembre:
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"Un obiettivo irrealistico, costosissimo e catastrofico per la nostra economia. Erano queste le lapidarie definizioni con cui poco meno di due anni fa governo Berlusconi e Confindustria boicottarono l'approvazione della direttiva Ue 20-20-20 per ridurre le emissioni di anidride carbonica e incrementare efficienza energetica e fonti rinnovabili. Alla fine la Commissione Europea riuscì comunque ad imporsi e oggi gli ultimi dati sembrano dare ragione alla perseveranza di Bruxelles. La violenta campagna di opposizione lanciata dal premier e dalla presidente degli industriali Emma Marcegaglia sosteneva che tagliare le emissioni di CO2 del 20% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 fosse un impresa titanica che sarebbe costata all'Italia una cifra compresa tra i 18 e i 25 miliardi l'anno, pari a circa l'1,14 del Pil. Inoltre avrebbe innescato una fuga di molte produzioni energivore (cemento e acciaio innanzitutto) verso nazioni prive di vincoli ambientali.
"Oggi, secondo quanto certifica l'Agenzia europea per l'ambiente, quell'obiettivo è a un passo dall'essere stato raggiunto sebbene alla scadenza manchino ancora dieci anni e di questo bagno di sangue si fatica a trovare tracce. Grazie naturalmente anche all'indesiderata complicità della recessione, stando ai dati diffusi dall'Aea, nel 2009 le emissione dell'Ue a 27 sono scese a -17,3 rispetto al 1990. "Impressionante – continua Repubblica – il calo registrato nel corso di un solo anno con un - 6,9% rispetto al 2008. L'Agenzia è convinta però che la crisi sia solo una delle ragioni che hanno portato al crollo nei consumi energetici e che un'eventuale ripresa economica porterebbe a cali meno vistosi nelle emissioni, ma difficilmente a un'inversione di tendenza. "È vero che la recessione ha contribuito a far scendere le emissioni (specie nei Paesi che non hanno fatto quasi nulla e non hanno una strategia, come l'Italia) - commenta Maria Grazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf - ma le emissioni europee scendono da diversi anni, anche prima della crisi. "L'economia si riprenderà proprio grazie alle nuove industrie a bassa emissione di carbonio, e non agli inquinatori del passato". "Ci auguriamo - aggiunge - che l'Italia colga questa opportunità, anche industriale, e non svolga sempre il ruolo di chi si oppone all'avanzamento dell'obiettivo per nascondere l'inazione in casa propria: è ora che la nuova economia low carbon assuma un ruolo trainante anche da noi".
"Sul tappeto c'è infatti la proposta – sostenuta innanzitutto dai big Francia, Germania e Regno Unito ma avversata da Roma – di portare l'obiettivo della direttiva europea per il 2020 a un taglio del 30%. Un ambizione che appare decisamente più adeguata agli ottimi risultati registrati sin qui e che il Wwf vorrebbe si spingesse fino al 40%. "Con riduzioni già ora del 17,3% - sottolinea Midulla - l'idea che l'Europa tagli le emissioni solo del 20% per il 2020 è ridicola, vorrebbe dire smettere di ridurre le emissioni e aspettare il 2020 a braccia conserte. Occorre – conclude Gualerzi – innalzare l'obiettivo europeo al 40%: questo è in linea con quanto necessario per evitare pericolosi cambiamenti climatici e porterebbe enormi benefici alla popolazione e all'economia dell'Europa, offrendo un reale impulso all'innovazione tecnologica".
Etichette: clima, consumi, crisi economica, effetto serra, inquinamento
scusate, ma quali studi scientifici dimostrano che la CO2 causa un effetto serra?
fino agli anni 70 gli scienziati prevedevano una nuova mini era glaciale anche a causa delle emissioni industriali
ora una cricca di "scienziati", che è minoranza nel settore scientifico, al seguito di Al Gore demonizza la CO2.
Le emissioni inquinanti vanno fermate ad ogni costo ma ...
il veor problema sono le scie chimiche, GUARDATE IL CIELO :
COSA STANNO FACENDO?
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