06 gennaio 2009

 

Non solo Cortina, ma anche l’Artico si è ricoperto di ghiacci, come ai bei tempi

Una lunga, terribile, estate artica. Il Polo senza ghiacci, un incubo. Era tale il tono di giornali e tv che sembrava quasi che da un momento all’altro, in qualche gradevole insenatura artica, un imprenditore napoletano avrebbe installato cabine, sedie sdraio e trampolini per i tuffi.
La verità è che i cicli del raffreddamento e del riscaldamento della Terra riservano piccole sorprese in chi si era lasciato impressionare dallo scandalismo dei giornali e dagli allarmi lanciati da scienziati ed ecologisti. La foto dell’orso bianco "alla deriva" sul lastrone di pack, anche se tendenziosa (l’orso è un ottimo nuotatore), serviva egregiamente ad illustrare un problema. "Avremo un Polo Nord senza ghiacci?" si interrogavano i giornali.
Macché, tempo pochi mesi, ed ecco che l’inverno fa il suo dovere. Il freddo non ha colpito solo L’Aquila o Cortina d’Ampezzo, ma anche l’Artico. Che, sorprendentemente, si è ricoperto di abbondantissimi ghiacci, almeno al livello raggiunto nel 1979. Lo ha documentato in questi giorni il Centro di Ricerca sul Clima Artico dell'Università dell'Illinois. E per fortuna anche i ghiacciai alpini in Italia stanno tornando ad essere più spessi, come riporta un articolo di Foresta Martin. Ma attenzione, non dobbiamo pensare che il pericolo sia del tutto svanito. L'errore - mettono in guardia i climatologi italiani - è confondere l'evento meteorologico stagionale col clima. Il clima è una media di dati raccolta in un periodo lungo o lunghissimo.
Un andamento a fisarmonica, insomma, il gelo e disgelo, che risponde a numerosi cicli e sottocicli, l’ultimo dei quali stagionale, che ricorda l’alternanza del famoso buco dell’ozono. Perciò non è affatto un fenomeno nuovo, ma antico probabilmente quanto il mondo.
L'Artico, per esempio, si sciolse già nell’estate 1816. Ecco come ne riferisce la Royal Society all’Ammiragliato britannico:
..
"Sarà giunto senza dubbio a conoscenza dell'Eccellenza vostra che nelle Regioni circumpolari deve essere avvenuto un considerevole cambiamento del clima, attualmente per noi inspiegabile, grazie al quale la severità del freddo, che ha per i secoli passati chiuso i mari nelle alte latitudini nordiche in una barriera impenetrabile di ghiaccio, è stata negli ultimi due anni notevolmente ridotta.
Questo ci dà un'ampia prova che sono state aperte nuove fonti di calore, e ci consente di sperare che i mari artici possano ora essere più accessibili di quanto non lo siano stati per secoli, e che ora vi possano essere fatte scoperte non solo interessanti l'avanzamento della scienza ma anche le richieste future dell'umanità ed il commercio di nazioni distanti".

.Il Presidente della Royal Society, Londra, al Ministero della Marina, 20 novembre 1817.
.
Nulla di nuovo, dunque. D’altra parte, riferiscono i giornali, "gli scienziati americani monitorano periodicamente la solidità del ghiaccio terrestre attraverso i satelliti. Ogni anno milioni di chilometri quadrati di ghiaccio si sciolgono e si risolidificano con l'arrivo dell'inverno, ma gli scienziati non si aspettavano un andamento così improvviso negli ultimi mesi. Bill Chapman, uno dei ricercatori del centro universitario, spiega che negli ultimi tempi le temperature nelle zone artiche sono state particolarmente rigide. A contribuire al raffreddamento sarebbe stato il calo dei venti che rende più facile la formazione di ghiaccio, lasciando uno strato di neve in superfice".

Etichette: , , ,


03 gennaio 2009

 

Il cemento più degli aerei emette CO2. Inventato uno nuovo che la riassorbe

Un vecchio cementificio italiano
:
Gli ecologisti se la prendono tanto con i visibilissimi e rumorosi aerei, che inquinano molto, ma che – con tutta la predilezione che abbiamo per le navi e i treni – sono l’unico mezzo che ci può portare in alcune località lontane. Ma non protestano mai contro il cemento. A dire il vero, protestano contro il "cemento", ma solo come simbolo di seconde case abusive e urbanizzazioni selvagge, e fanno benissimo, ma non incolpano mai il cemento in quanto tale.
Eppure, pare che la produzione del cemento, base dell'edilizia civile, industriale e delle costruzioni stradali, sia tra i principali responsabili dell’aumento del riscaldamento globale, soprattutto per l'arretratezza delle tecnologie utilizzate dall'industria cementiera.
Secondo i dati esposti dagli esperti e riferiti di recente da un articolo del Guardian, dopo un convegno europeo a cui hanno preso parte cementieri e ambientalisti, la produzione del cemento è responsabile del 5 per cento circa dell’anidride carbonica emessa ogni anno. Quindi, più della CO2 dovuta al trasporto aereo. E le prospettive sono inquietanti. Secondo i dati della banca francese Credit Agricole, nei prossimi 10 anni la domanda di cemento aumenterà del 50 per cento, con conseguenti aumenti di emissioni. La Cina sta aumentando ogni anno a tassi incredibili, nonostante la crisi, la quantità di cemento usata. Si stima che l’industria cementiera potrebbe arrivare ad emettere da sola una quantità di CO2 pari a quella oggi prodotta dall'intera Europa. Ed è vero che negli ultimi anni l'energia impiegata per produrre 1 ton di cemento è diminuita, ma in compenso è aumentata la produzione totale, quindi l'inquinamento assoluto, come si legge in un sito che riporta, sia pure criticamente, i dati dell'industria cementiera inserendoli in un grafico rappresentativo.
Ora il sito online del giornale inglese ritorna sull’argomento con un servizio in cui anticipa l’invenzione da parte degli ingegneri della britannica Novacem d’un particolare tipo di cemento capace di riassorbire in fase di essiccazione della mescola umida usata nelle costruzioni la CO2 che ha contribuito ad emettere in fase di produzione. Una nemesi positiva, una sorta di espiazione tecnologica. E’ come se le plastiche da imballaggio fossero dotate di una molecola che dopo una certa scadenza – stampigliata su un’etichetta – cominciassero ad riassorbire la CO2 che hanno emessa nascendo.
Se la notizia inglese è fondata e se la tecnologia innovativa non era già nota – non possiamo saperlo – si tratta d’una piccola rivoluzione tecnologica. Perché la produzione del nuovo cemento – a base di silicato di magnesio - vuole temperature più basse dei 1500°C abituali dei forni dei cementifici, e perciò minore spesa energetica.
Ma la seconda novità è che il nuovo cemento – a detta dei suoi inventori - assorbirebbe grandi quantità di CO2 mentre si solidifica, compensando l’atmosfera del danno arrecato in fase di produzione. Gli inventori addirittura assicurano che riporterebbe il proprio bilancio CO2 in pareggio.
Grande è l’interesse di aziende utilizzatrici, investitori e anche di ambientalisti.
Peccato solo che la produzione di questo cemento sia ancora in fase sperimentale, e che per essere portato sul mercato dovrà aspettare quasi cinque anni.

Etichette: , , , ,


01 gennaio 2009

 

Energie più economiche o più pulite? Basta col petrolio, anche per gli aerei

Il primo giorno dell’anno è bello citare un caso di buona riuscita di un carburante alternativo estratto da semi oleosi, sperimentato con successo su uno dei motori d’un aereo di linea della Air New Zealand.
La notizia sia di buon auspicio. Quando i Governi capiranno che il consumo di petrolio deve essere disincentivato, allora anche i produttori saranno costretti a darsi da fare più efficacemente e rapidamente nel campo delle fonti alternative, sia carburanti nel trasporto sia materie prime nella chimica.
L’umanità ne trarrà solo benefici. Non solo ambientali ed economici, ma anche geopolitici e perfino morali. E’ sotto gli occhi di tutti che dietro il petrolio ci sono gli interessi di Stati per lo più autoritari. Pensiamo solo a che cosa vuol dire per i Paesi islamici avere in mano l'arma del combustibile più richiesto al mondo, e quanta parte dei sovra-redditi da petrolio vanno ad alimentare il terrorismo. Ma il petrolio alimenta anche il "mercato non libero" (noi liberali sappiamo che "mercato", da solo, è un termine vago e spesso mistificatorio) fatto di miliardi di consumatori-vittime passive e di poche centinaia di produttori, importatori e raffinatori che grazie agli altissimi ricavi in regime di monopolio locale o oligopolio possono fare qualsiasi cosa, prima di tutto il prezzo, ed essere anche indotti, viste l’enorme liquidità e la rete di favori governativi, alla corruzione politica.
Registriamo con piacere, perciò, la notizia malamente ripresa dal sito online del Corriere della Sera sulla base di un lancio della BBC, che in Nuova Zelanda è stato effettuato il primo volo di aereo utilizzando come carburante olio vegetale. In verità eravamo convinti che già da tempo l’olio vegetale fosse stato sperimentato, negli aerei come nelle auto. Ma per le agenzie e la maggior parte dei giornalisti ogni notizia è sempre "nuova", insomma si tratta sempre della "prima volta". Il giornalismo non ha memoria, non gli conviene avere memoria. Oppure, chissà, è davvero la prima volta. Ma la cosa sembra messa in dubbio proprio dall'articolista: questa "prima volta" si riferisce in realtà all’uso di una particolare specie botanica.
Riferisce l’articolo che la compagnia aerea di linea australiana Air New Zealand ha scelto, per alimentare parzialmente uno dei quattro motori del proprio jet Boeing 747, un combustibile derivato dall'olio di semi del Jatropha curcas. L'olio vegetale che è estratto da questa pianta tropicale, secondo il parere degli esperti, ha un promettente futuro come biocombustibile grazie alla trans-esterificazione, uno speciale processo chimico di raffinazione.
"Il volo "pulito", durato due ore, è andato a buon fine, confortato dalla rassicurante presenza di tre motori tradizionali, per ovvi motivi di sicurezza. Secondo gli esperti però l'olio vegetale ha tutti i numeri per non essere da meno dei metodi classici e dovrebbe garantire addirittura prestazioni migliori rispetto ai derivati del petrolio. "L'esperimento, di cui racconta la BBC, è destinato comunque a fare storia, trattandosi del primo che esce dai laboratori e debutta su un velivolo di linea. Anche se già a febbraio la Virgin Atlantic aveva effettuato un test su un proprio velivolo utilizzando un carburante derivato da una miscela di noci brasiliane e noci di cocco.
"L'olio di semi del Jatropha curcas appartiene alla famiglia dei biocarburanti di seconda generazione, che garantiscono emissioni di gran lunga inferiori a quelli di prima generazione, come l'etanolo. Secondo l'Air Transport Association entro il 2017 un decimo dell'aviazione si alimenterà grazie al bio".
Controllando la notizia originale sulla BBC, mi accorgo, però, che la giornalista italiana di Corriere.it che riferisce la notizia tace sulla notizia principale, che cioè l'olio vegetale non è stato usato da solo ma è stato miscelato al 50 per cento con la benzina avio. Un particolare non da poco, che trasforma la notizia, così come l'ha data Corriere.it, in una mezza bufala. Il che accade spesso al sito online del Corriere della Sera, molto mal fatto, impreciso, con titoli sbagliati, alle volte superficiale e dilettantesco.

Etichette: , , , , ,


This page is powered by Blogger. Isn't yours?