20 novembre 2013
DISASTRI, che affare! Sono prevedibili, altro che fatalità, non bastano riscaldamento o CO2.
Nulla di nuovo sotto il sole e sotto le nere nubi, con l’acqua alta o bassa, a terra ferma o mobile: l’Italiano, si sa, non è solo imprevidente e pigro come nelle barzellette inglesi, ma anche furbo come in quelle tedesche, e fatalista come in quelle che - per analogia - nei bar degli Stati Uniti dopo due boccali di birra girano contro i messicani (gli Italiani là sono ignorati).
Ma anche per gli Stati Uniti, che hanno sempre tanto da ridire contro tutti, cicloni e guerre (i primi veri, le seconde inventate), e che par che godano a ricostruire ogni volta intere città fatte di assi di legno dopo un uragano, i disastri non solo forse un affare miliardario, un'occasione d'oro per alzare il PIL?
A maggior ragione, tutti i luoghi comuni, e anche tutto il contrario, il “politically incorrect”, si attagliano meravigliosamente agli abitanti dello Stivale in occasione di tragedie e catastrofi, “naturali” e no, comprese le ricorrenti “alluvioni di stupidità”, ora anche i “cicloni” all’americana. Non gli vanno giù gli stereotipi da bar ai signorini? Bene, giusto: allora cambino atteggiamento e comportamento. Dimostrino coi fatti e la razionalità di non essere solo furbi mediterranei, ma anche europei. E di non costruire più, per esempio, nell’alveo di torrenti o dovunque si può ragionevolmente prevedere che acque eccezionalmente abbondanti possano defluire.
“In Sardegna in un giorno ha piovuto come in sei mesi”, si giustificano i sindaci e ripetono a pappagallo i giornali, senza alcuno spirito critico? Per forza: è la punta di una media di piovosità da regione arida. «Se si osservano i dati delle stazioni metereologiche dell’area si nota che le precipitazioni ogni anno si discostano dalla media nella misura del 100% o più», ha detto Ettore Crobu, Presidente dei dottori Agronomi e Forestali sardi. «Questi fenomeni pur essendo conosciuti non sono mai stati presi in considerazione nella pianificazione territoriale». Insomma, prevederle esattamente nel tempo, queste presunte “fatalità”, non si può, ma tenerne conto quando si costruiscono case o capannoni o centri commerciali o strade o svincoli o rotonde, dando per scontato che arriveranno, si può, anzi si deve. La Natura va rispettata, prevedendone le mosse. E’ dalla Natura che dobbiamo partire, è alla Natura che dobbiamo pensare quando costruiamo e versiamo cemento, per lo più inutile.
Quello che sta accadendo non è solo colpa dei cambiamenti climatici, ha affermato Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi, dopo l’alluvione a Olbia e in altre località della Sardegna. "In Italia sono 6.153.860 gli abitanti esposti alle alluvioni. Il probabile aumento delle temperature potrebbe portare in Europa a inondazioni più frequenti ed intense".
Ma quello che sta accadendo non è soltanto colpa dei cambiamenti climatici, del riscaldamento globale e dalla cappa di CO2, che ormai somigliano a comode scuse per non fare prevenzione, per non cambiare abitudini, per non far nulla.
La scienza invita a smetterla con la cementificazione del terreno forestale, agricolo o libero; con le inutili costruzioni (recuperare semmai il restauro) tanto più in zone golenali e aree naturali soggette da secoli a piene e alluvioni; con le aperture di strade, già oggi troppo numerose e spesso poco utilizzate (d’altra parte il trasporto su strada, eccessivo e dispendioso, va drasticamente ridimensionato); con la deforestazione e l'abbattimento con ogni pretesto (pericoli di cadute, diffusione ottimale delle onde radio 5G) di alberi, anche maestosi e in buona salute nelle città, dove mitigherebbero anche alte temperature e assorbirebbero PM e CO2 ; e con parecchi studi dimostra che piantare qualche miliardo di alberi (obiettivo facilmente realizzabile) ci farebbe risparmiare una buona parte di misure dolorosissime per l'economia dell'Europa e dell'Occidente (in quanto all'Asia e al resto del Mondo "se ne fregano"), come abbassare solo di poco temperatura media e CO2. Insomma, già solo le buone norme di precauzione, l’evitare gli sprechi, smetterla col cemento inutile e l’asfalto, ridurre di molto la plastica e le dimensioni truffaldine delle confezioni con grande impiego di plastica, carte e cartoni ecc. porterebbe più vantaggi alla Terra di 10 inefficaci Trattati internazionali.
Macché, parole al vento: Amministratori e Politici non vogliono essere impopolari perché dotati spesso di scarsa personalità e vista corta (populismo e demagogia elettorali, tutti).
"A fine agosto noi geologi avevamo già detto dei rischi e della fragilità del territorio. Qualora non fossero ancora chiari i termini del dissesto idrogeologico, i geologi hanno il dovere morale di non abbassare la guardia, ricordando al Paese che la popolazione esposta a fenomeni franosi ammonta a 987.650 abitanti, mentre quella esposta alle alluvioni raggiunge 6.153.860, come evidenzia ancora l'Annuario Ispra. Anche se le proiezioni quantitative per la frequenza e l'intensità delle inondazioni sono ancora incerte, l'Agenzia europea sostiene che sia probabile che l'aumento delle temperature in Europa porterà inondazioni più frequenti e intense in molte regioni, a causa del previsto aumento dell'intensità e della frequenza di eventi meteorologici estremi. '
E, ripeto, non è solo colpa dei cambiamenti climatici perché, ad esempio, l'urbanizzazione sfrenata, ha eroso dal 1985 ad oggi ben 160 km di litorale. I numeri recentemente pubblicati nell'Annuario dei Dati ambientali 2012 dell'Ispra parlano chiaro: se in Italia per oltre 50 anni si sono consumati in media 7 mq al secondo di suolo, oggi se ne consumano addirittura 8 mq al secondo. Significa che ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del comune di Napoli e ogni anno una pari alla somma di quelle dei comuni di Milano e di Firenze. Per non parlare degli incendi, il 72% dei quali risulta essere di natura dolosa, il 14% di natura colposa e il restante 14% di natura dubbia. Da tempo i geologi chiedono l'istituzione di una commissione che possa affrontare tali problematiche così come fece la Commissione De Marchi» (Asca).
Altro che “ciclone” biblico! Finché i nostri “non simili” si comportano così, tutto è lecito dire contro il nostro strano modo di vivere. E di morire. Cosicché… Be’, ho anticipato fin troppo. Leggetevi l’articolo di anni fa. E non guardate al fatto che i danni, anche allora praticamente voluti se non desiderati, si calcolavano in lire, bei tempi. E’ ancora attualissimo. Nulla è cambiato, se non la ripetitività del mantra quasi assolutorio "riscaldamento globale", oggi sempre più ricorrente come una vergognosa grande "scusa globale" per non fare le scelte radicali della qualità della vita che dovremmo fare in tutti i campi. E proprio questo fa pensare. Ma non dite che l'articolo (non era per un mio blog, ma per un settimanale pubblico, commerciale, in edicola, e doveva obbligatoriamente farsi leggere: i Direttori allora a queste cose ci badavano) è cinico, lo so già. O meglio, il cinico e l’ipocrita vi leggeranno solo cinismo, il riformatore e l’onesto vi leggeranno realismo e onestà. Come diceva quel saggio? “La crudeltà nelle parole è tipica delle persone perbene…”:
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I DISASTRI, CHE
AFFARI! PER I SOLITI FURBI.
Si aspetta la catastrofe,
puntuale ogni anno, per spendere senza controllo e senza frutto quei soldi che
non si sono spesi per prevenire e curare il territorio, e anche – diciamolo –
per afferrare quelle provvidenze che in tempi normali sfuggono ai previdenti e
agli onesti, sia amministratori che semplici cittadini. Così, all'ordinata
manutenzione dell'ambiente e alla prevenzione viene preferita la più costosa e
affannosa ricostruzione d’emergenza.
Nico Valerio
L' Italiano, 20 dicembre 1996
Una scossettina del
quinto grado Mercalli, un acquazzone prolungato, un torrente che si gonfia, e
sùbito nei salotti buoni della provincia italiana si stappano bottiglie di
costoso champagne. Da Avellino a Varese, da Matera a Cuneo, da Ancona a
Cagliari, chi possiede un orto, una casa, un negozio o un ristorante, ma anche
chi “lavora” nella Politica, nell’Amministrazione Pubblica o nelle Imprese di
lavori edili, festeggia la promozione sul campo dal limbo degli uguali a una
nuova e tutta italica élite del privilegio: i disastrabili, anzi i disastrati,
e i loro “ricostruttori”. In un paese instabile, anche geologicamente, prima di
essere alluvionati o terremotati siamo tutti - chi può negarlo - almeno
alluvionabili o terremotabili.
Le cronache dei giorni scorsi, gonfie d'acqua, parlano
chiaro. È autunno, piove, i fiumi straripano, tra poco nevicherà. E anche la
terra, a ben vedere, proprio calma non è. Se il cielo vuole, anche quest'anno
danni per migliaia di miliardi, morti, feriti, dispersi. La causa? La solita:
un «evento eccezionale», per sindaci e prefetti, anzi, «più unico che raro a
memoria d'uomo», una «tragica e imprevedibile fatalità».
Frutti di stagione, ecco i regali dell'imprevidenza
idro-geologica e ambientale e della corruzione burocratica attribuiti alla
meteorologia: frane, crolli, allagamenti, inondazioni, alluvioni, acque alte, e
quant’altro può fare la gioia del cronista e il dolore delle vittime. Per non
contare le catastrofi senza tempo, ma non senza colpe, dai rifiuti tossici agli
incendi e agli inquinamenti. Solo l'ultimo dei disastri biblici ci è stato
finora risparmiato: l'invasione delle cavallette.
Imprevedibile fatalità? Sarebbe vero se sindaci, regioni e
comunità montane non avessero permesso per decenni - infischiandosene di
geologi e ambientalisti - di costruire sopra o vicino ai terreni franosi,
sulle aree golenali dei fiumi, in riva al mare, perfino sulle falde del Vesuvio,
magari case di tufo senza cemento armato in zone sismiche; se non avessero coperto
di calcestruzzo l'alveo dei torrenti aumentando la velocità delle acque in
piena; soprattutto se non avessero tagliato boschi e alberi secolari che da
millenni frenavano i terreni e assorbivano le piogge.
Così non e stato. La furbizia italica, che è una forma di
“intelligenza stupida”, ha preferito all'ordinata manutenzione dell'ambiente e
alla prevenzione la caotica e più costosa ricostruzione dopo il disastro. È un
calcolo? Certo, è una foto antropologica e politica di una divaricazione. Da
un lato ci sarebbe la buona amministrazione di uno stato liberale efficiente
(almeno cinque o sei Paesi in Europa), dall'altro c'è il rimandare sempre i
problemi, il non fare manutenzione perché con quei cittadini che si ritrova non
servirebbe per avere voti (pare che essendo rozzi vogliano vedere cose
grosse, le Grandi Opere), l'affannosa improvvisazione, la lentezza burocratica,
il solidarismo d'accatto dopo la tragedia, la corruzione (Italia). La
catastrofe serviva al nostro Stato centralista, ma oggi serve ancor di più
allo Stato delle Regioni, per giustificare tante spese improvvise e senza
controllo: vedi le vicende della cosiddetta Protezione Civile.
Mafia e camorra? Non solo, sarebbe comodo. Diecimila
ragionier Bianchi e vedove Esposito, con le loro piccole furberie private, sono
i beneficiari di quel Bengodi che in Italia è il sistema assistenziale in
caso di "calamità naturali".
Che ci vuole? Pochi documenti, una foto sbiadita, la
perizia di un parente geometra, ed ecco per miracolo il ripostiglio della legna
assurgere alla dignità di «abitazione di 120 metri quadrati interamente
inondata e crollata», uno scantinato pieno di bottiglie vuote tramutarsi in
«cantina d'invecchiamento di vino pregiato Barolo doc: danni accertati 500
milioni». Aziende che, intascati i soldi dello stato per il sud, avevano da
anni chiuso i battenti, risorte come Lazzaro al primo odore di calcinacci,
hanno preteso miliardi come «fabbrica per l'imbottigliamento di bibite
totalmente distrutta». Nel Cuneese, dopo l'alluvione del novembre 1994, tra le
vere vittime che hanno avuto poco - qualche milione e l'esenzione dalle tasse -
e tardi, si sono inseriti i molti furbi che hanno gonfiato le richieste di
centinaia di miliardi.
Certo, non si sono raggiunti i 50 mila miliardi spesi
inutilmente per il terremoto del novembre 1980 in Campania e Lucania. E là ci
sono ancora interi villaggi alloggiati dentro prefabbricati, altro che
ricostruzione. Il Belice, in Sicilia, ha fatto epoca. Malgrado la voragine di
miliardi, fino a ieri i senzatetto si accalcavano in angusti container muniti
di finestrini. In compenso, il decoro urbano di Avola, una cittadina della
zona, è andato ben oltre il restauro delle case e ora comprende vistosi
monumenti moderni, architetture d'autore e un anfiteatro.
Di fronte a questi scandali appare una innocente furbizia
da Totò in Guardie e ladri la gustosa avventura delle 20 mila
coperte militari inviate «immediatamente dopo la tragedia» nella periferia di
Napoli. Non se ne seppe più nulla, e perfino dell'autocarro, un enorme
articolato Tir, si perse ogni traccia. Ma dopo, nei mercatini delle pulci di
Forcelle e Formia le stesse coperte, riconoscibili dalle caratteristiche
strisce, erano messe in vendita a 10 mila lire l'una come «originali
dell'esercito Usa».
JAZZ. Un bellissimo intero album su YouTube che
vede protagonista il grandissimo trombettista Clifford Brown, con
Rollins, in una lunga seduta di registrazione in studio (“Complete studio
recording”. Il quintetto: Clifford Brown (tp), Sonny Rollins
(ts), Richie Powell (p), George Morrow (b), Max Roach (d) . Sono 14 stupendi
brani: 1. Gertrude's Bounce, 2. Step Lightly, 3. Powell's Prances, 4. I'll
Remember April, 5. Time, 6. The Scene Is Clean, 7. Flossie Lou, 8. What Is This
Thing Called Love?, 9. Love Is A Many Splendored Thing, 10. I Feel A Song
Coming On, 11. Pent-Up House, 12. Valse Hot, 13. Kiss And Run, 14. Count Your Blessings.
AGGIORNATO
IL 18 LUGLIO 2021