26 aprile 2012
Piantare alberi è bello e buono. La grande foresta di Mulai (Assam, India) sorta grazie a un solo uomo.
Un uomo, da solo, l’indiano Jadav 'Mulai' Payeng, che con caparbia volontà e amore passionale per la Natura, anno dopo anno, crea una vera e propria foresta di 550 ettari dove prima esisteva solo terreno incolto, deserto, sabbia. E ricrea a poco a poco un’intera ecologia, un ambiente ricco di specie vegetali e animali, ad alta complessità biologica, che diventa un parco naturale con piante e animali protetti (tanto che molte specie a rischio vi si rifugiano).
Proprio quello che aveva immaginato Giono (in Provenza, Francia meridionale). Anche in Israele alcune zone aride e desertiche sono state riconvertite al verde (per lo più alberi da frutto), verde che probabilmente in tempi remoti le ricopriva, ristabilendo oltre ad un equilibrio infranto, benefici pratici per la Natura e la salute dei cittadini.
Insomma, questa è una storia vera, ma molto simile alla stupenda favola del mitico Bouffier, il protagonista del racconto L’homme qui plantait les arbres, scritto nel 1953 dallo scrittore francese di origine italiana Jean Giono, così affascinante da essere stato a lungo creduto vero, reso famoso dal bellissimo filmato che ne è stato ricavato (con disegni animati disegnati uno per uno con pazienza infinita), ancora più avvincente e poetico del racconto stesso, dal disegnatore canadese Frédéric Back nel 1987 (visibile qui: è uno dei nostri filmati di culto).
Con la differenza, ripetiamo, che stavolta si tratta di un episodio vero, e anche dei giorni nostri, in una regione come l’India in cui la modernizzazione copiata malamente dal peggiore Occidente sta distruggendo interi habitat e sottoponendo la popolazione, dopo secolari carestie, fame e malattie, ad un’ulteriore schiavitù, quella della deforestazione, con la scusa della “civiltà”, e dell’inquinamento. Quindi, un’azione che simbolicamente vale ancor più, se possibile, di quella d’un Bouffier, anche a volerlo considerare un personaggio reale. E poi la vicenda di Mulai riporta al centro dell’ambiente gli alberi, troppo a lungo e tuttora considerati solo un elemento “estetico” (mentalità da cittadini) o produttori di frutti (mentalità da agricoltori), e comunque considerati ecologicamente troppo poco perfino dagli ecologisti. Eppure, basterebbe concentrarsi sul piantare alberi, ovunque, a più non posso, per ristabilire buone condizioni di vita e migliorare perfino il microclima, grazie alla regolazione ossigeno-anidride carbonica tipica degli alberi.
Riferendo sulla bellissima vicenda perfino l’anglofono Times of India in un articolo cita il francofono Giono. Riportiamo qui il completo resoconto di L. Pavesi. (NV).
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INDIA. Jadav 'Mulai' Payeng è il protagonista di una storia che ha dell’incredibile: da solo ha trasformato un esteso banco di sabbia lungo le rive del fiume indiano Brahmaputra in una rigogliosa foresta. Payeng, nativo del Distretto di Jorhat (nello Stato nord-orientale di Assam) e noto tra la popolazione locale come 'Mulai', nell’arco di 30 anni è riuscito a rimboschire una superficie di circa 550 ettari.
La sua foresta, conosciuta da tutti come 'Mulai Kathoni' o 'la foresta di Mulai', è diventata l’habitat ideale per centinaia di cervidi, conigli, scimmie ed innumerevoli varietà di uccelli. Ciò che una volta era uno sterile banco di sabbia vicino al suo villaggio natale, oggi è un rifugio sicuro per specie in via di estinzione come i rinoceronti unicorno e le tigri reali del Bengala (la cui piccola comunità, di recente, è aumentata grazie alla nascita di due cuccioli).
Payeng, che oggi ha 48 anni, ha cominciato a lavorare alla sua foresta intorno al 1980, poco più che adolescente, quando, dopo una lunga serie di inondazioni, trovò la spiaggia del Brahmaputra invasa da una moltitudine di rettili senza vita. Payeng, che all’epoca aveva solo 17 anni, prese una decisione che gli cambiò la vita: “I serpenti erano morti di caldo, poiché non c’erano alberi sotto cui ripararsi. Mi sono seduto e ho pianto. È stata una carneficina”, ha raccontato. “Ho avvertito il Dipartimento Forestale e chiesto loro di piantare degli alberi. Mi hanno risposto che qui non sarebbe cresciuto niente. Anzi, hanno chiesto a me di provare a piantare dei bambù. Non mi ha aiutato nessuno. È stata davvero dura, ma ce l'ho fatta”.
La 'foresta di Mulai' è un rifugio sicuro per specie in via di estinzione come i rinoceronti unicorno. Mulai decise di lasciare la scuola e la sua casa natale per andare a vivere da solo su quel banco di sabbia. Passava le giornate osservando le piante crescere e così, nel giro di pochi anni, la spiaggia era diventata un bosco di bambù. “È stato allora che ho deciso di piantare alberi adatti alla zona. Li ho raccolti e li ho piantumati qui. Dal mio villaggio ho portato delle formiche rosse, che mi hanno morsicato un sacco di volte. Le formiche rosse migliorano la qualità del suolo. È stata un’esperienza incredibile”, ha spiegato Payeng.
A poco a poco, una zona sterile è stata invasa da una grande biodiversità di flora e fauna selvatica, specie in via di estinzione comprese. “Anche gli uccelli migratori hanno cominciato a vivere qui. Dopo anni e anni, sono arrivati gli avvoltoi. La presenza della fauna selvatica ha attirato i predatori”. Ancora oggi, Payeng prosegue nella sua 'missione' e vive in una capanna ai confini della foresta, con moglie e tre figli.
Il Dipartimento Forestale dello Stato di Assam ha appreso dell’esistenza della foresta di Mulai solo nel 2008, quando un branco di elefanti selvatici vi si era rifugiato. Esiste, infatti, un gruppo di circa 100 elefanti che stanzia regolarmente nella foresta per sei mesi all’anno e, di recente, si è allargata di altri 10 elefantini. “Siamo rimasti impressionati nel trovare una foresta così fitta su un banco di sabbia”, ha dichiarato alla stampa Gunin Saikia, conservatore forestale. “Gli abitanti di un villaggio locale, le cui case erano state abbattute dai pachidermi, volevano distruggere la foresta, ma Payeng li ha sfidati ad uccidere lui per primo. Payeng tratta gli alberi e gli animali della foresta come se fossero dei figli. Per questo abbiamo deciso di aiutarlo”.
La piccola comunità delle tigri reali del Bengala di recente è aumentata grazie alla nascita di due cuccioli. L'Opera di Mulai viene considerata esemplare dal Dipartimento Forestale di Assam, tanto che, secondo il conservatore Saikia, questa sarebbe la più grande foresta del mondo nel letto di un fiume. “Payeng ci ha davvero sbalordito. Si è dato da fare per 30 anni. Se vivesse in un altro paese, sarebbe un eroe”, ha detto Saikia.
Payeng, però, si rammarica del fatto che il governo centrale indiano, finora, non gli abbia dato alcuna assistenza finanziaria: solo il Dipartimento Forestale locale (che ha in programma di estendere la foresta di Mulai di altri 1.000 ettari) gli fornisce, a cadenze regolari, gli alberi da piantare. “Il Dipartimento sta mostrando interesse per la conservazione della foresta, attraverso visite regolari al sito”. E conclude: “Se il Dipartimento Forestale mi garantisce che gestirà questa foresta al meglio, potrò traslocare in altre zone dello Stato per avviare altri progetti, simili a questo”.
Nel frattempo Pranon Kalita, governatore del distretto di Jorhat, riguardo alla foresta di Mulai ha dichiarato alla stampa: “Stiamo convincendo il governo centrale ad avviare le pratiche necessarie a dichiarare questa zona un piccolo “santuario della fauna selvatica”. Ed ha aggiunto che anche B.K. Handique, ex ministro indiano e oggi membro del Parlamento del Jorhat, si è interessato alla questione (Laura Pavesi).
CINA (TAIWAN). Una vicenda assai simile a quelle di Mulai e di Bouffier l’ha vissuta il cinese di Taiwan Lai Pei-yuan. “Il re degli alberi vive a Taiwan” ha intitolato il sito web LifeGate un articolo di T. Perrone:
«Ha piantato 270mila alberi nel giro di trent'anni, pari a circa 130 ettari, per far fronte alla deforestazione che Taiwan ha subìto nell'ultimo secolo. Si chiama Lai Pei-yuan ed è già stato ribattezzato "re degli alberi". Lai Pei-yuan è un imprenditore taiwanese di 57 anni che ha avuto successo nel settore immobiliare e dei trasporti. Oggi ha cambiato vita e nelle fotografie appare come un moderno cowboy, cappello blu, stivali e gilet grigio. Solo che al posto di far pascolare il bestiame, Lai pianta alberi. Negli ultimi trent’anni ne ha messi a dimora 270mila coprendo di verde un versante montano di 130 ettari, vicino a Taichung, a Taiwan. Un’attività che gli è valsa il titolo di “re degli alberi”.
La sua storia comincia quando, trentenne, decide di fare qualcosa di concreto per rimediare allo scempio cominciato nel 1895, sotto il dominio coloniale giapponese. In nome del progresso, alberi secolari vennero tagliati ed esportati. Una pratica proseguita anche per buona parte del Ventesimo secolo. Solo nel 1989 le autorità di Taiwan decisero di vietare la deforestazione, ma a quel punto il danno era già stato fatto. La superficie boschiva era calata dal 90 al 55 per cento.
“L’idea che ho avuto è molto semplice. Per salvaguardare l’isola, avrei dovuto piantare alberi”, ha raccontato Lai all’agenzia Afp. E per farlo ha speso centinaia di milioni di dollari taiwanesi (milioni di euro). Persino il presidente di Taiwan, Ma Ying-jeou, lo ha definito “una persona straordinaria. Nessuno aveva mai piantato così tanti alberi a Taiwan”. Così ogni mattina, per trent'anni, Lai andava sui monti tornando dalla sua famiglia solo al tramonto. I figli, confusi e a volte delusi dall’assenza del padre, hanno ammesso di aver capito cosa stesse facendo loro padre solo molto tempo dopo.
Oggi il figlio più grande di Lai, Lai Chien-chung, vende caffè col marchio “Coffee & Tree” i cui chicchi vengono coltivati all’interno della foresta del padre. Il 95 per cento dei profitti viene usato per tutelare la foresta e piantare nuovi alberi. Per garantire un futuro a quanto da lui creato, Lai Pei-yuan ha promesso che la foresta non verrà mai svenduta, né la lascerà alla sua famiglia dopo la sua morte. Continuerà a essere gestita da una organizzazione non governativa da lui stesso fondata (Tommaso Perrone).
Ma in India piantare alberi è una pratica ben vista e molto praticata da varie comunità, e non solo contro la desertificazione. Nel villaggio di Piplantri nel Rajastan le nascita di ogni bambina – che nell’India più arretrata è molto ma vista – è addirittura festeggiata con ben 111 piante nuove, alberi da frutto di cui la famiglia si prende cura perché costituiscano con i prodotti erboristici estratti dai frutti e dalle piante (c’è anche l’aloe) una specie di “dote”, insieme con un fondo di 21 mila rupie che il Comune accantona per la ragazza quando sarà maggiorenne, sottraendola al ricatto dei matrimoni infantili o alla povertà. Già 250 mila alberi rinverdiscono il villaggio, in passato spogliato da deforestazione insensata, tanto che le sorgenti hanno già cominciato a zampillare e i pozzi esausti danno di nuovo acqua. Con gli alberi è tornata la vita, e ora nascono e prosperano molte più donne di prima. La città è rifiorita.
IMMAGINE. 1. Mulay intento a piantare. 2. La foresta intricata ricca di specie vegetali e animali, creata dal nulla, nella regione dell’Assam (India), dove prima c’era solo terreno infertile e sabbioso, per opera di Jadav 'Mulai' Payeng. 3. L’imprenditore “piantatore” di Taiwan, Lai Pei-yuan. 4. Le ragazze di Piplantri con i “loro” alberi, che sono la loro “dote”.
AGGIORNATO IL 29 MARZO 2015
Etichette: alberi, animali, deforestazione, paesaggio, parchi nazionali
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