20 gennaio 2018
Rifiuti in città. Oltre ai soliti vizi, ora anche i nuovi gruppi politici incapaci e accecati dagli slogans.
La crisi dei rifiuti e l’incombente bolla dei trasporti urbani della Capitale, pongono più in generale la questione del pubblico che fa impresa. Mestiere difficile, perché le finalità generali sono diverse da quelle private, ma non impossibile, se i manager sono capaci e gli amministratori distinguono il legittimo indirizzo politico dal ruolo operativo. L’efficienza, però, non va d’accordo con le pregiudiziali ideologiche e con interessi elettorali e di potere dei partiti, anche di quelli appena arrivati. Un’azienda enorme come l’Atac di Roma è già all’ultima spiaggia, anche se non può fallire e dovrà essere commissariata, ma continua a chiudersi nell’elegante dimensione detta «in house».
Potrebbe cercare una (difficile) soluzione di mercato, ma è sgradita a politica e sindacati che fanno resistenza, perché richiederebbe cure da cavallo, pur inevitabili. Meglio i debiti. Contro l’ingresso di un socio privato, magari anche le Ferrovie, da Milano-Casaleggio è arrivato il veto. In questo caso la scelta politica è contro la democrazia diretta: pur di non indire il referendum radicale sulla privatizzazione, si sta rinnovando il contratto con Atac. Meglio gestire migliaia di dipendenti, il 25% dei quali dichiara di essere disabile, e rassegnarsi ad un terzo dei bus che non esce in strada, e se esce si rompe.
Il caso Brescia è – all’opposto – quello di rifiuti che rendono nel tempo miliardi, e trasporti urbani che possono essere aiutati in sinergia. Grazie ad una scelta politica a favore del termovalorizzatore più premiato del mondo, il Comune ha chiuso bilanci d’oro, ha diminuito la Tari, ha riscaldato mezza città con la monnezza non differenziabile e si è persino regalato una metropolitana: un cerchio che si chiude virtuosamente. Scelta politica, dicevamo, diversa da quella di Roma che, pur avendo finalmente sepolto la più grande discarica d’Europa, non vuole termovalorizzatori, e deve baloccarsi con 4.700 tonnellate al giorno di immondizia, 1,7 milioni anno, e contemporaneamente rischia di essere travolta dai debiti miliardari di un’azienda trasporti che deve coprire un’area grande come due province lombarde. L’effetto domino è devastante: cittadini che aspettano eternamente il bus, in mezzo ai rifiuti.
Quello che si prepara è insomma un disastro finale su entrambi i fronti, che l’attuale amministrazione ha aggravato, sommando rotazione continua del management e guida politica eterodiretta. Senza una visione complessiva dei servizi pubblici, è certo che i trasporti – in una città tanto grande – sono un problema che ammazzerebbe anche il miglior privato, perché il business è davvero diabolico, dipendendo da sovvenzioni e biglietti, che gli utenti evadono in percentuali paurose. I rifiuti, invece, costituirebbero un ciclo virtuoso e persino potenzialmente lucroso se si capisse che tutto, anche l’ultimo rifiuto, può essere valorizzato. Ma non va così, e i proclami sui rifiuti zero (opzione respinta in tutta Europa) e la differenziata promessa al 70% (è oggi sempre al 40% di Marino) sono utopie spostate nel tempo.

E l’inquinamento? Si fa in fretta a parlare di termovalorizzatori, ma l’inquinamento? Ebbene tutti e 47 gli impianti esistenti in Italia producono 5 milioni di tonnellate all’anno di CO2. Meno di quanto produce il solo girovagare monnezzaro della Capitale, che già convive – ogni mattina tra le 7,30 e le 8,30 – con la produzione di 7 milioni di tonnellate di CO2 del milione di automobili in circolazione a Roma in un’ora di punta… Ma quelli fanno bene alla salute. (BEPPE FACCHETTI)
IMMAGINI. 1. Scalinata di Trinità dei Monti a piazza di Spagna dopo una importante partita di calcio (foto Messaggero). 2. Maiali che grufolano tra i rifiuti nella periferia di Roma. 3. Via della Conciliazione (S.Pietro) dopo uno dei tanti eventi del Vaticano. 4. Rifiuti e perfino deiezioni umane dietro le auto nel parcheggio della stazione Cipro della Metropolitana romana (foto N.Valerio 2017).