04 novembre 2025

 

1. Storia dell’Ecologia e degli Ecologisti. Precursori antichissimi: medici, poeti, scienziati, filosofi, utopisti.

 1. STORIA DELL’ECOLOGIA E DEGLI ECOLOGISTI. GLI UTOPISTI DELLA NATURA

COME L’ITALIA S’È TINTA DI VERDE

Ora che tutti parlano di loro, gli ambientalisti si domandano: «Chi eravamo? Da dove veniamo?». Ecco la prima cronistoria

Nico Valerio, Scienza 2000, novembre 1988

Perfino gli anarchi­ci, beati loro, han­no Bakunin, un maturo signore che possiamo immaginare con una prestigiosa barba bianca. E i verdi? Possibile che siano nati ieri, che non possano vantare uno straccio di an­tenato carismatico, almeno un nonno precursore che abbia combattuto qualche battaglia ecologica sulle sponde della Beresina, meglio se già inquinata da sali di cromo e mercurio, e con moria di lucci evidenti?

No, per fortuna di naturalisti, conservazionisti, zoo­fili, naturisti, agrobiologi, naturopati, igienisti, vege­tariani, anticonsumisti, energologi, nudisti, e di chis­sà quanti altri gruppi, il ramificatissimo albero verde è dotato di radici profonde. E che radici! Basta con­siderare che tra i primi «ecologisti» ante litteram pos­siamo contare anche Platone, Catone, Lucrezio, Co­lumella, visto che esortavano già allora Greci e Ro­mani a «tornare alla natura», a vivere e a nutrirsi in modo più parco, e perfino a non tagliarsi né boschi né barbe.

E Ippocrate? È il padre di quella medicina natura­le che è giunta fino a noi. Senza contare i grandi na­turalisti, da Plinio a Dioscoride. Del resto, l'inquina­mento idrico, atmosferico e acustico in Roma, Atene e Alessandria d'Egitto era spesso oggetto di denun­ce, scioperi e sollevazioni popolari. I cittadini roma­ni, per non essere arrotati mentre camminavano ne­gli stretti vicoli, imposero addirittura il divieto di tran­sito nelle ore diurne e nei giorni festivi per i grossi carri. Ma poi crearono comitati di agitazione perché durante la notte non riuscivano a chiudere occhio a causa del traffico. Gruppuscoli verdi protestavano tra le Pira­midi e nel Ponto, sempre per motivi ambientali.

Curiosa, anche per quei tempi, la reazione dei «fon­damentalisti» verdi dell'epoca ellenistica al dilagante consumismo: la setta estremista degli Adamiti se ne andava in giro in perenne nudità, ostentando provo­catoriamente povertà e umiltà, sostenendosi con un pugno di erbe selvatiche, come più tardi gli Stiliti. Attenzione a questo strano elemento della nudità: lo ritroveremo molto spesso, lungo tutta la storia del mo­vimento. Dall'Oriente si era già diffusa la moda esoterica di disprezzare il lusso. Nelle antiche scritture dei Veda, seguite in Oriente dalla maggior parte del popolo, il rispetto per gli animali e il vegetarismo so­no i mezzi naturali per elevarsi spiritualmente fino alla divinità. Soprattutto i nobili e i sacerdoti indù non mangiavano carne, proprio come in Occidente inse­gnava Pitagora.

Da noi, però, c'erano già degli stra­vaganti hippies naturisti per le strade. La figura del vegetariano seguace di Brahma, nudo perché spregiava l'uso dei vestiti (dimostrando che era possibile vivere di niente) era popolare in Grecia e a Roma fin dal IV secolo a.C. La gente li chiamava «gimnosofisti». Così ricorda Calano, un gimnosofista che segue Alessan­dro Magno in Asia. 

Che dietologi alla Città del Sole! 

Troppo lontano nel tempo? E va bene, accenneremo allora alla grande crisi ecologica dell'anno 1000 e alla massiccia distruzione di foreste in Europa, a cau­sa dell'urbanesimo e della costruzione di navi, e al ri­fiuto dell'antropocentrismo dominante, che conside­rava l'uomo il signore assoluto della natura, da parte del monaco Francesco di Assisi, verso il 1200; lo stesso che, come i bonzi zoofili del Buddismo e del Giaini­smo, arriva a chiamare «fratelli» gli animali, le pian­te, l'acqua, la terra. Saltando a pie' pari le preoccu­pazioni ecologiche del Rinascimento, risolte d'auto­rità da prìncipi e dogi (gli acquitrini della Padania tra­sformati nelle prime risaie dagli Sforza di Milano e dal duca di Ferrara; le barene protette allestite dal governo di Venezia in Laguna) e i molti pru­riti botanici ed erbo­ristici dell'intellighen­zia alto-ambientali­sta, arriviamo al '600 e cominciamo ad in­travedere i primi veri trisavoli degli attuali ecologisti.

Londra sul finire del '600 è già maleo­dorante e inquinata dal fumo di carbone e dai liquami di fogna a cielo aperto. Che propone John Eve­lyn, segretario della Royal Society? Va da re Carlo II e lo invita a circondare Londra con una cintura di piante verdi e odoro­se, per purificare l'a­ria e ricostituire il pa­trimonio forestale che in Inghilterra è ormai distrutto. Non se ne fece nulla, per l'opposizione degli scienziati «utilitaristi» che, sem­plicemente, non credevano all'inquinamento. L'aria, la terra e l'acqua - dicevano - sono beni illimitati. Pochi anni prima, nell'utopistica Città del Sole imma­ginata da Tommaso Campanella (1623), la vita della città ideale si svolgeva con ritmi e sensibilità da comu­nità della California negli anni '60.

«Essi mangiano carne, butiri, mele, cascio, dattili, erbe di­verse, e prima non voleva uccidere gli animali, parendo cru­deltà. Ma poi vedendo che era crudeltà ammazzar l'erbe, che han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte per le nobili, e magnano ogni cosa. Non però uccidono volentieri !'animali fruttuosi, come bovi e ca­valli. Hanno però distinti li cibi utili dalli disutili, e secondo la medicina si servono; una fiata magnano carne, una pesce et una erbe, e poi tornano ala carne per circolo, per non gra­vare né estenuare la natura...»

Una ciminiera che sparge fumo per tutta la valle fa pronunciare parole di fuoco sugli effetti dell'indu­strialismo al giovane Jean-Jacques Rousseau, il pri­mo «teorico» del naturismo moderno. «Promeneur solitaire», escursionista e grande innamorato della na­tura, inventore del mito del «buon selvaggio», Rous­seau affida alla spontaneità e alla libertà l'educazio­ne dei giovani (Emile, 1762). Vivere nella natura e secondo le leggi naturali, questo è il dovere dell'uomo libero. L'idea che la natura sia qualcosa di finito e che quindi vada ammini­strata con saggezza, non sfruttata illimitatamente, tro­va le sue basi scientifiche nelle ricerche del naturali­sta Charles Darwin, padre dell'evoluzionismo, e nei suoi continuatori (Thomas Huxley, ecc). L'Origine della specie (1859) mostra 1'interrelazione esistente tra uomo, piante, animali e ambiente, tanto che nel 1866 il biologo tedesco E. Haeckel può inventare il termi­ne «ecologia» (da oikos, casa, e logos, scienza) come quella branca della storia naturale che si occupa dell'habitat. Malthus (1859) dimo­stra che gli uomini si moltiplicano in scala geometrica, mentre le risorse alimentari si moltiplicano soltanto in scala aritmetica: di qui la struggle for !i­fe, la lotta per la vita darwiniana.

Quella capanna nel bosco di Walden

L'industrialismo, la civiltà delle mac­chine, la fede cieca e ingenua nel continuo accrescimento pro­duttivo sono ora al­l'apice. Le reazioni non tardano a farsi sentire. I lavoratori minacciati dalla con­correnza delle mac­chine si rivoltano a Nottingham, dal 1811 al 1816, ripetendo le gesta di Ned Lud che nel 1779 aveva infranto un telaio che lo condannava alla disoccupazione («luddismo»). Ma ol­tre a quelli corporativi ci sono altri interessi: la gente protesta per l'ambiente disumano e la qualità pessi­ma della vita. Dalla fine dell'800 al primo decennio del '900, in Europa e in America, cresce l'opposizio­ne popolare contro l'urbanesimo, l'aggressività della civiltà metropolitana, la vita innaturale e insalubre, gli eccessi della meccanica e della chimica, l'inquina­mento, le fabbriche in genere, il lusso, la distruzione della natura. In questo clima di rivolta morale e di rifondazione («riforma») della vita si delinea a poco a poco, sulla falsariga degli insegnamenti dei saggi del­l'antichità mai dimenticati, una verme propria nuova filosofia pratica, una sorta di movimento di libera­zione dall'innaturale e dall'artificiale: il naturismo.

Come definire il naturismo? Il Dizionario Enciclo­pedico Italiano, molto riduttivamente, lo presenta così: «Movimento formatosi fra la fine dei sec.19° e il prin­cipio del 20° come reazione agli eccessi della civiltà meccanica e urbanistica: esso tende a un ritorno del­l'uomo alle sorgenti naturali di vita semplice e schiet­ta, attraverso un tipo di alimentazione prevalentemen­te vegetale, l'immediato contatto con la natura, la sem­plificazione del vestiario fino alla sua totale soppres­sione». Insomma, un ritorno catartico ad uno stato quasi primordiale, ad una vita secondo cicli ed equi­libri naturali, alla semplicità, al lavoro manuale a mi­sura d'uomo, all'autosufficienza, ai cibi e alle medi­cine offerti dalla natura. Agli occhi dei cittadini inte­grati era un vivere «da selvaggi», se non «da anima­li». E proprio «selvaggi» vollero essere chiamati que­sti ribelli capaci di abbandonare gli agi d'una residenza borghese per costruirsi capanne di tronchi nei boschi. Viene in mente l'epiteto di «cinici» dato ai filosofi greci che vivevano «come cani» (kin).

Il più famoso dei naturisti dell'800 fu il romantico vagabondo Henry David Thoreau, intellettuale e na­turalista americano (1817-1862) che non adorava nes­sun Dio tranne la Natura. Si costruì una capanna sulle rive del lago Walden, vicino Concord (Massachusetts), e lì visse dal '45 al '47 scrivendo una sorta di auto­biografia morale. Nel 1849 teorizza la «disobbedien­za civile» non violenta contro uno Stato «ingiusto e violento». Al suo esempio si ispirò un secolo dopo il Mahatma Gandhi, anch'egli vegetariano, che con la ahimsha (non violenza) e la satiahgraha (insistenza per la verità) si adoperò per far recuparare agli Indiani non solo l'indipendenza ma anche il giusto rapporto con la natura e l'igiene naturale, tanto da scrivere ve­ri e propri manuali di alimentazione sana. Anche lo scrittore Leone Tolstoi, verso il 1885 diventa zoofilo e non violento, seguito dal medico filantropo Albert Schweitzer (Nobel per la pace 1952) e dal dramma­turgo George Bernard Shaw, vissuto da igienista fino a 94 anni nonostante il parere dei suoi medici.

Nel frattempo in Europa si assiste alla rinascita del corpo e alla riscoperta del salutismo naturista. I dottori Kock, Zimmermann e Pudor, Hoppener e Ungewitter, Diefenbach, Suren e Seitz, tutti nati verso il 1850-1870, teorizzano e diffondono la nudità del corpo come con­dizione naturale detl'uomo, benefica e liberatoria. Il pri­mo club nudista pubblico sarà inaugurato nel parco di Klingberg (Germania) nel 1903. Nascono a decine, ovun­que, associazioni di «appassionati della luce e del sole» (Lichtbund), in cui uomini donne e bambini recupera­no la corporeità primigenia nella natura libera. Solo l'av­vento del nazismo riuscirà a far tacere i naturisti. Pri­ma della dittatura si contavano in Germania oltre 100 mila terapeuti naturisti, che curavano con l'acqua, il sole, l'aria, il cibo, le erbe, ecc. Arnold Rikli, mitteleuropeo mezzo italiano (visse a Trieste), divenne un terapeuta na­turista di successo con il suo sanatorio elioterapico di Veldes (1865). Priessnitz e l'abate Kneipp, curavano con l'acqua, dando origine a una riscoperta dell'antica idro­terapia che dura tuttora. NICO VALERIO


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