24 ottobre 2006

 

Allarme Wwf: le risorse stanno per finire. Ridicolo, dice il liberista IBL

Mi dichiaro amico della natura e del Wwf , il primo e più puro club ecologico in Italia (e guai a chi me lo tocca), sono un superecologista, insomma, anzi di più, un naturista della prima ora. Fin da tempi non sospetti: 1975, molto prima dei politici Verdi. E sono anche, dall’adolescenza, liberale e liberista convinto. Tanto che ho imparato dalla Storia che è dal mercato libero che derivano le libertà politiche, non il contrario.
Contrasto? Macché. A me parve la cosa più ovvia, istintiva, naturale. La natura non è il massimo della libertà?
Ma oggi, i miei amici iperliberisti d’attacco dell’Istituto Bruno Leoni strapazzano brutalmente i miei amici ecologisti d’attacco del Wwf, che non solo si dichiarano anti-liberisti, ma oggi hanno diffuso un allarmante rapporto sullo stato della Terra, il Living Planet Report 2006. Lo hanno significativamente presentato in Cina, potenza emergente anche nei rifiuti e nell’inquinamento. Se il mondo continua a consumare così, soprattutto se i Paesi poveri copiano non solo le cose buone, ma anche i vizi di noi occidentali, come sta già accadendo, le risorse della Terra non basteranno e l’inquinamento sarà insostenibile, dice il Wwf. Tanto che già nel 2050, se continua lo spreco di acqua, terreni coltivati, animali e foreste, ci servirebbe in più – per dare un’idea della vastità del disastro – un’altro intero pianeta Terra.
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"Ridicolo", scrive a commento del Rapporto un comunicato dell’IBL facendo parlare l’esperto economista Carlo Stagnaro. Siamo all’allarmismo puro. Anzi, proprio questo è il tipo di previsioni che già in passato si è dimostrato fallace. "Nel 1980 il presidente Usa Carter, basandosi su uno studio che aveva commissionato, assicurò che nel 2000 si sarebbero esaurite le risorse alimentari del pianeta. Nel 1987 una commissione dell'Onu certificava un grave pericolo per la vita sul pianeta. Prima ancora, Theodore Roosevelt nel 1905 aveva annunciato che in qualche decennio si sarebbero esaurite le riserve mondiali di legname. Nel 1972 il Club di Roma affermò che l'oro sarebbe finito entro il 1981, lo zinco entro il 1990, il petrolio entro il 1992, il piombo, il rame e il metano entro il 1993".
Non solo la Natura, ma l’uomo si è sempre adeguato alle situazioni di crisi ambientale. La sua fantasia, unita al libero gioco delle forze concorrenti, sia nel mercato sia nella scienza, hanno sempre risolto problemi del genere e trovato nuovi equilibri. Fonti carenti? Ne troveremo altre, dicono all’Istituto Bruno Leoni. Dopotutto lo stesso petrolio è una fonte energetica recente.
Il Wwf e l’IBL hanno entrambi ragione e torto. Ma questi sono distribuiti in modo diverso tra i due contendenti. Il Wwf ha ragione da vendere sulla proiezione scientifica. Non possiamo sapere quello che la scienza di domani escogiterà. Ma, oggi, con le attuali conoscenze, una proiezione di dati sul medio periodo è davvero allarmante per la Terra e l’Uomo. Allarmismo? Sì, forse, un poco. Ma solo nei toni. Ed è un peccato veniale: serve ad attirare l’attenzione prima dei giornalisti, poi del largo pubblico, sempre distratti. E’ un dolus bonus. Diverso quando qualche ecologista si mette a criticare il liberismo economico o il mercato in sé: in tal caso il suo errore è speculare a quello degli economisti liberisti anti-ambiente.

L’errore ideologico degli amici dell’IBL è che si occupano di ciò che non gli compete, e prendono l’ecologia come una branca dell’economia. Ma chi l’ha detto? Il nostro caro mercato libero, il liberismo che io e voi amiamo tanto come motore di creatività del mondo, non c’entra niente con l’ambiente. Non deve neanche sfiorarlo concettualmente. Il libero mercato, come dice il nome, non può applicarsi ai beni indisponibili e incommerciabili per eccellenza perché rari, delicati e di tutti: l’acqua da bere, l’aria pulita, il delicato equilibrio tra le specie vegetali e animali, la magnifica libertà dell’uomo (sì, un fondamentale "diritto di libertà") di immergersi in un lago non inquinato, di camminare tra boschi e montagne incontaminati, di osservare piante e animali selvatici, di vivere in modo naturale la Wilderness, il mondo selvaggio, che è così utile – assicurano perfino gli psicologi – al nostro equilibrio psico-fisico.
Che c’entra il mercato con questi gioielli di famiglia della specie Uomo, che tramandano la nostra natura e la nostra identità? Forse che il commerciante mette in vendita anche tutto ciò che ha in casa? Per caso i bravi amici liberisti, solo perché tali, dovrebbero per "coerenza ideologica" vendersi la fede nuziale, la foto con la dedica della persona amata, il cagnolino prediletto, addirittura la moglie e i figli? No di certo. E allora?
Ecco, il mercato si arresta, deve arrestarsi deferente, di fronte alla Natura e all’ambiente. Anche perché non avrebbe titoli, trattandosi di beni di tutto il Genere umano, compresi tutti gli uomini passati e futuri, e non solo di alcuni operatori di Borsa, produttori o politici. Senza contare che ormai, anche sul piano teorico, il mercato liberale è sempre meno mercato di produttori e sempre più mercato di consumatori.
Insomma, l’accusa che faccio a entrambi è quella di invasione di campo, di mischiare la scienza con la politica.
In altre parole, gli ecologisti parlando male del liberismo e i liberisti screditando l’ecologismo fanno entrambi, abusivamente, politica anziché scienza. Perché, è vero che banalmente "tutto è collegato", ma sul piano pratico la curiosa vicinanza etimologica tra l’ecologia ("scienza della casa") e l’economia ("legge della casa") è solo frutto della scarsa fantasia dei nomenclatori, perché l’ecologia e l’economia sono nei propri ambiti indipendenti e sovrane.
Quindi i miei amati ecologisti e liberisti, quando parlano rispettivamente di economia e di ecologia, fanno del dilettantismo, diventano poco credibili, come esagitati avventori di caffè offuscati dal tifo politico.
E allora, amici a vostro modo "liberali", vogliamo farla questa pace? Gli amanti delle libertà, sia la libertà di vivere in una Terra sana e non inquinata, cioè di vivere, sia la libertà di produrre, intraprendere e acquistare, cioè anche in questo caso di vivere, devono prima o poi andare d’accordo tra loro.
Stipulino un patto virtuoso. Gli amici liberisti non facciano più gli ambientalisti, e cessino di mettere il naso nella natura, tra piante, animali, montagne, aria, suolo e sottosuolo. Dal canto loro, gli amici ecologisti non facciano più politica, e smettano di prendersela col liberismo, col mercato, col liberalismo e con l’Occidente. Anche perché l'Occidente liberale, almeno, ha inventato l'autocritica, la coscienza ecologista.
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Foto: Un eccello colpito dall'inquinamento marino da idrocarburi, bambini con maschera anti-smog, terreno desertificato per la siccità.

Comments:
Ciao, non penso che si tratti di invasione di campo da parte dell'Ibl.
La tesi è che estendendo i diritti di proprietà anche a quei beni di norma considerati "pubblici" questi saranno meglio tutelati. E' giusto considerare delle bellezze naturali un patrimonio dell'umanità, ma appunto per questo bisogna adottare un meccanismo che le tuteli nel migliore dei modi.
Ad esempio: una foresta privata utilizzata anche per produrre della carta non rimarrà mai totalmente priva di alberi, perché questi verrebbero sì tagliati ma rimpiantati ogni volta in quando fonte di profitto. Se finissero gli alberi addio guadagno.
Una foresta affidata alla mano pubblica non dà invece vita a quei meccanismi di incentivi che servono a tutelarne l'esistenza.

Mi permetto di consigliarti un libro, nel caso non l'avessi letto: Proprietari di sé e della natura. Un'introduzione all'ecologia liberale. Novello Papafava.
L'ho trovato in alcuni punti paradossale ma di indubbio interesse.

Ciao, Luca.
 
Sì, grazie, conosco il libro e l'argomentazione, diciamo "di scuola". Molto teorico-filosofica.
Che però - non so se tu vai anche in mezzo alla natura in pratica o se sei un teorico - va bene solo in casi rari, per esempio nella natura non vergine, ma coltivata. Un bosco ceduo (cioè che si taglia), ok, potrà essere privatizzato. Così come un pascolo.
Ma il bosco più pregiato non è ceduo, non si taglia neanche un ramo, e neanche si "pulisce" il sottobosco se cade un ramo o un tronco. Dimmi, che potrebbe fare in questo caso - che è quello più comune - un proprietario privato? Solo guardare. E rimetterci tutti i suoi soldi. Perché la natura vergine non rende una lira. A meno che uno non la distrugga e la trasformi completamente...
Perciò dico che queste tesi di privatizzare la Natura selvaggia sono assolutamente teoriche, inconsistenti. Roba da professori che non hanno mai fatto un'escursione in una foresta. Gente da biblioteca...
Diverso il caso di coltivazioni, orti, giardini e simili, cioè natura già antropizzata, dove anch'io penso che l'intervento dei privati possa essere positivo.
 
Ciao, per quanto riguarda l'allarmismo di certe previsioni catastrofiche vorrei lanciare un sasso nello stagno: se già non lo avete fatto prendetevi un po' di tempo per leggere l'opera di Bjorn Lomborg "L'ambientalista scettico", il quale, lungi dal negare l'esistenza di un problema ambientale, propone di razionalizzare le (poche) risorse a disposizione per occuparsi di problemi a priorità più alta, come, per esempio, la fame nei paesi del terzo mondo. Egli critica (dati ufficiali alla mano) le previsioni di molti istituti che si occupano di protezione dell'ambiente i quali troppo spesso lanciano allarmi sovradimensionati per catturare l'attenzione del grande pubblico sul loro lavoro.

Inoltre, premesso che sono assolutamente per il liberismo, per quanto riguarda i rapporti tra economia ed ecologia, non riesco proprio a vederle come due cose separate, anzi, mi sembra ovvio che se si mostrassero e si diffondessero (senza allarmismi) i risultati, nel medio e lungo periodo, di una gestione delle attività economiche attenta all'ambiente molti privati imprenditori cambierebbero (come sta già accadendo in alcuni casi) la loro politica.

Ciao
Jacopog
 
L'allarmismo è un problema generale che riguarda ogni aspetto della comunicazione di massa. Vi ho fatto ricorso anch'io per bucare l'indifferenza della gente e dei medici nei miei libri e articoli sull'alimentazione. Solo così il pubblico si è accorto del problema e certi concetti sono finalmente stati accettati.

Ma resta il problema fondamentale: che la finta "ecologia liberale" spacciata dagli economisti di Centro-destra è in realtà una decisa "anti-ecologia", che in certi autori (penso a Bianco, Stagnaro o a Lettieri) diventa opposizione pregiudiziale.
Per questo ho dovuto aprire questo sito: per dimostrare che la vera Ecologia Liberale è un'altra. Ed è fondata sulle scienze naturali, non sulla politica o l'economia.
 
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