13 settembre 2007
"Achtung, terroristen". Domenica imbracciano il fucile in 600 mila

Contro chi? Contro la disonestà dei politici? No. Contro i rapinatori e i violentatori? Contro i pedofili? No. Allora, contro il Governo inetto? Contro una opposizione inconcludente? Ma figuriamoci. Mica siamo alle schermaglie d’una finta guerra civile, come quella che si gioca dentro e fuori del Parlamento, tanto per piacere ai giornali: questa è una guerra seria.
La guerra è stata dichiarata solo contro gli animali. Dalla Destra e dalla Sinistra. L’obiettivo numero uno, con tutti i problemi che ci sono in Italia, di economia, di efficienza, di clima, di morale pubblica e privata, e di ordine pubblico, è uccidere il maggior numero di volatili (uccellini che possono pesare anche 20 grammi) e di mammiferi. E’ una "priorità".
E mica per fame, che al limite potrebbe giustificare tutto. Macché, chi spara è gente benestante. E in ogni villaggio in Italia mancano le librerie ma ci sono almeno una o due macellerie. E un chilo di carne costa come un libro.
No, sparano e uccidono così, per "sport". Uno "sport" vergognoso e abietto, certo, ma sempre uno sport è considerato ancora dalle corporazioni che governano l'Italia e dallo Stato. Una vergogna nella vergogna.
Questo pensiamo, indignati, come uomini.
E come liberali? Non dovremmo rispettare e tutelare ogni scelta personale, anche la più sgradita? Certo. Ma, come insegna l’abc del liberalismo, che ha inventato il limite dei diritti di libertà purché tutti possano fruire di tutti i diritti di libertà possibili, bisognerebbe che anche in questo caso i diritti di tutti fossero riconosciuti.
E invece, la caccia è privilegiata. Basti considerare che può impunemente valicare i normali confini delle proprietà private. E in un Paese in cui è rinviato a giudizio, giustamente, chi ruba la sabbia, quei ladri dei cacciatori sono indenni da denuncie. La caccia, infatti, è un furto. Contro il diritto di proprietà collettiva. Questa poi...
Ma sì, pensateci bene, è un impossessamento violento e arbitrario di cose di tutti, e per di più con l'avallo dello Stato, che invece dovrebbe agire in giudizio contro i cacciatori come parte lesa in rappresentanza di tutti noi.
La caccia è un diritto di pochi "dritti", una prepotenza che nega i diritti altrui. Una piccola minoranza di privilegiati, cioè i cacciatori, impedisce alla stragrande maggioranza di cittadini italiani (con rumori, impatto antropico, uccisioni, e spesso anche distruzioni di beni privati come coltivazioni, orti e recinti) di godere del bene Natura, di osservare le piante e gli animali nel loro ambiente, di vivere com’è loro diritto la vita naturale e selvaggia (Wilderness).
Proprio ieri abbiamo visto due vigilesse che in città facevano pagare una multa salata ad un commerciante di frutta, solo perché esponeva la mostra anche sul marciapiedi. E lui non aveva distrutto nulla. "Occupazione di suolo pubblico".
E allora, come mai non si punisce il ben più grave reato di "distruzione di beni della collettività"?
Insomma, anche sul piano del diritto e delle libertà liberali, tipicamente occidentali, non è tollerabile che solo l’1 per cento della popolazione possa disporre a suo piacimento, cioè appropriarsi, e pure gratis (le tasse dei cacciatori sono ridicole rispetto agli danni enormi e irreversibili che provocano), della fauna selvatica, che è per legge 'patrimonio indisponibile dello Stato e tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale".
Sì, anche internazionale, perché gli uccelli migratori, vittime principali delle stupide fucilate, pur essendo uccisi in Italia appartengono a tutti. Anche ai paesi del Nord Europa, dove quegli uccelli hanno i nidi, e a quelli dell’Africa, dove vanno a svernare. Ma la Natura non ha nazionalità: appartiene a tutti gli uomini.
Insomma, la caccia, che è una prepotenza di pochi, non solo è una triplice ingiustizia, non solo è scuola di violenza, non solo provoca morti e incidenti, ma è anche di per sé antigiuridica e illiberale, quindi è un'attività anti-sociale.