15 marzo 2014

 

Alberi monumentali. L’uomo che cerca, registra e segue lungo la loro vita i maggiori alberi d’Italia.

Faggio monumentale di Vastogirardi Re Fajone e Valido Capodacqua“I due Re” si potrebbe intitolare questa foto. Sulla destra si vede l’enorme tronco dell’antico faggio (1) di Vastogirardi (IS) detto Re Fajone (ben 7,23 m. di circonferenza misurati, immagino con qualche difficolta, a 1,30 m di altezza).
      Sulla sinistra, appoggiato, un altro re, per meriti civili e di divulgazione, il maggiore e più tenace dei cercatori e conoscitori di alberi monumentali italiani, Valido Capodarca, colonnello dell’Esercito a riposo, autore di diversi libri-guida sul tema “Grandi Alberi”, che quasi sempre vuol dire alberi antichi, cioè testimoni della nostra Storia (ultimi libri usciti: Alberi monumentali delle Marche, Alberi monumentali del Lazio, entrambi di Scocco ed., e Viaggio lungo l’Aso. Per gli altri libri v. appendice).  abituato a misurare, seguire e controllare ogni grande albero amorosamente, ovunque si trovi, lungo il decorso della sua vita biologica, spesso accidentata. E si sa che centinaia di anni di lento accrescimento possono essere azzerati da un fulmine, da un proprietario incapace, da una colonia di parassiti, dall’inciviltà degli uomini, dall’ignoranza di potatori e sedicenti “esperti”.
      Una cura e una passione travolgente, quella di Capodarca, che si prolunga per decenni e decenni, coinvolgendo e sensibilizzando Forestali, Sindaci, proprietari, agronomi e altri cercatori. Per puro amore, un amore disinteressato, degli alberi e della Natura. Viaggiando sempre a sue spese (2), senza nulla chiedere in cambio, spesso distribuendo generosamente copie di foto e libri. «Una volta – ha ricordato su Facebook – diedi ad una Regione 165 diapositive di grandi alberi locali. Non volevo assolutamente niente. Alla fine, su insistenza del funzionario, chiesi 16.500 lire, cioè il puro costo che avevo pagato al fotografo. Credo di avergli fatto pena; infatti mi vidi arrivare un assegno di 165.000 lire».
      Così si comporta questo solitario e assolutamente non venale cercatore di alberi centenari e imponenti. Utilizzando ogni mezzo, soprattutto con l’aiuto determinante della fotografia, delle misurazioni (circonferenza del tronco misurata a 1,30 m dal terreno, altezza e ampiezza della chioma ecc.) e delle osservazioni di particolari (p.es. un grande ramo caduto, una potatura eccezionale, una bruciatura a causa d’un fulmine, una colonizzazione da parte di parassiti, funghi e perfino uccelli e piccoli mammiferi che approfittano d’ogni buco per farvi il nido), ricostruisce la storia naturale di ogni albero, la sua “biografia”, utilizzando non solo una memoria vivida, ma anche tutte le competenze proprie e altrui che possono riguardarlo, difenderlo, perfino rinvigorirlo e curarlo, in certi casi. E’ così che alberi che sembravano intaccati da parassiti e morenti, con ampie parti secche o cadenti, sono riportati al loro antico vigore. Ma sono casi eccezionali. Per lo più – testimoniano le periodiche foto e osservazioni del cercatore – anche gli alberi monumentali patiscono l’incuria e l’aggressività stupida degli uomini, oppure la durezza delle intemperie o l’inesorabilità del Tempo.
      Ebbene, saremo ottocenteschi, ma nello squallore dei tanti nuovi Italiani, interessati a nulla (anzi no, alla playstation e ai telefonini, oltre che al calcio), vediamo in questa missione di Capodarca un comportamento davvero encomiabile, perché educativo e morale, quindi non solo controcorrente ma addirittura “eroico”. Non è esagerato? No, perché tutto è relativo: in un Paese di pessimi cittadini che non amano gli alberi, uno che non solo li ama, ma cerca, cataloga e ispeziona i più maestosi e antichi esemplari, uno per uno, e con competenza li pubblica in dettagliate guide facendoli conoscere a tutti, è eccezionale. Senza esagerazioni. Il Ministero dell’Agricoltura e i Sindaci dovrebbero stipendiarlo. Ammesso che, modesto e schivo com’è, accettasse.
     Un comportamento che insegna le bellezze della Natura ai cittadini più ottusi e ignoranti d'Europa, quelli che vedono con ostilità gli alberi e soprattutto le loro foglie (guai se cadono sulla loro stupida automobilina di latta o nel cortile!), abituati per un nonnulla, per paura o sadismo, a far potare in modo sconcio e tagliare anche gli alberi più antichi e belli, perché un impiegato del Comune o un avvocato li convince che "sono pericolosi" e “potrebbero causare danni a terzi” (grazie tante: e qual è l’attività umana o l’oggetto a rischio zero? tutto può “causare danni”), o anche perché la famigerata e sbrigativa casalinga del piano terra protesta "perché tolgono luce" (sic) e chiama i giardinieri per raderlo al suolo o mutilarlo.
      E così, il solitario “cercatore di alberi” non solo segue il suo istinto, quello di esaudire un proprio desiderio e piacere innato, ma pubblica libri bellissimi, con foto uniche e con testi magistrali. Infatti, il Capodarca è anche un vero, grande “scrittore di libri”. Le sue pagine sono non solo molto ben scritte, in ottima lingua, ma piene di quell’humour saggio, di quell’ironia leggera e morale che hanno in genere le personalità ricche di valori e ideali.
      La ricerca degli alberi, monumentali o no, educa giovani e vecchi, uomini e donne, scolari e maestre, semplici cittadini e amministratori, chi sa e chi ignora tutto di Natura, di alberi, di verde pubblico e privato, a preservare insieme agli alberi le nostre bellezze, la nostra storia. Anzi, senza darlo a vedere, instilla nel lettore tre valori cardine: la Bellezza, il Paesaggio e la nostra Storia. E sì, perché l’albero, specialmente un albero monumentale, non è solo botanica, agronomia, dendrologia, storia locale ecc., ma  soprattutto bellezza del Paesaggio e testimonianza storica. C’è chi un certo incrocio di strade lo riconosce e ricorda meglio grazie a “quel” pino caratteristico, chi una fattoria l’intravede subito per “quella” vecchia e grandissima quercia, chi si orizzonta tra boschi e aie ora seguendo un monumentale castagno, ora un contorto olivo. L’Italia non sarebbe così bella se non avesse i suoi caratteristici alberi grandi e imponenti sparsi qua e là grazie al Caso o all’intelligenza degli Antichi, ben superiori a noi anche in questo.
      Per non parlare, infine, del senso del dovere e della responsabilità per il patrimonio comune, primi segni di civismo, che stimola e rafforza la ricerca e la tutela dei grandi alberi monumentali nei quali consiste il nostro paesaggio rurale o urbano.
     E vi pare poco? Per noi quello di Capodarca, cercatore, misuratore e scrittore di alberi, è un comportamento commovente. Tanto più che la sua cura si prolunga nei decenni. In questo è l’erede dell’antesignano e decano dei cercatori e misuratori di grandi alberi in Italia, quel mitico e riservato Luigi Scaccabarozzi (1935-2021), ignoto a giornali e largo pubblico, che nessuna guida scrisse mai, famoso per la pignoleria con cui misurava il diametro dei tronchi (a 1,30 m dal terreno, “a petto d’uomo”), spesso operazione molto difficile con alberi contorti, dalle forme strane o lungo pendii; in tali casi effettuava ben tre misure diverse da cui traeva una media.
      Una Comunità illuminata dovrebbe esser grata a un uomini simili. Per meno, molto meno, qualche cittadino è stato insignito di riconoscimenti dallo Stato e dai Comuni. Ecco, quello di Capodarca è un vero e proprio impegno culturale, civile, oso dire morale, che andrebbe premiato dallo Stato, se lo Stato non deve essere solo un neutrale garante delle istituzioni e della dialettica tra cittadini, un arbitro assente come dicono certi conservatori “liberisti”, ma anche un educatore illuminato sia pure non invadente, come ritenevano i grandi liberali del Risorgimento e i grandi pensatori. Ma sì, premiato con un riconoscimento. Se noi fossimo, che so, ministro dell’Agricoltura o della Cultura, Sindaco o Presidente della Repubblica, gli daremmo una medaglia al Merito Civile per la divulgazione culturale e l’educazione ambientale.

(1) . Oggi purtroppo è orribilmente spezzato per cause naturali, e dell'antico albero sopravvive, oltre alla base, un solo ramo.
(2). Rispondendo alla domanda d'un lettore, lui stesso ha calcolato che la passione degli alberi gli è costata in 40 anni almeno l'equivalente odierno di circa 100 mila euro.


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OPERE PUBBLICATE DA VALIDO CAPODARCA SUGLI ALBERI
"Toscana, cento alberi da salvare" - Vallecchi Editore - Firenze, 1983
"Marche, cinquanta alberi da salvare" - Vallecchi editore - Firenze, 1984
"Emilia Romagna, ottanta alberi da salvare" - Vallecchi Editore - Firenze, 1986
"Abruzzo, sessanta alberi da salvare" - Edizioni Il Vantaggio - Firenze, 1988
“I Patriarchi Verdi” – Edifir – Firenze 2001
"Alberi Monumentali di Firenze e Provincia" - Edifir - Firenze, 2001
"Alberi Monumentali della Toscana" - Edifir - Firenze, 2003
"Alberi monumentali delle Marche”, Roberto Scocco ed. 2013
“Alberi monumentali del Lazio, Roberto Scocco ed. 2013


AGGIORNATO IL 9 MARZO 2021

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Comments:
Ma dai, Nico! Ma non esagerare! Ma ti immagini ora che faticaccia dovrò fare per essere esattamente come mi descrivi? Me lo sono dovuto rileggere due o tre volte per convincermi che stai veramente parlando di me. Comunque ti ringrazio e non ti nascondo che le tue parole mi gratificano molto. A buon rendere
 
Caro Valido, ma io parlo male di tutti: sarei un pazzo se non trovassi ogni tanto qualcuno di cui parlare bene. Noi non possiamo vantarci di nulla per quanto ci riguarda, ma dobbiamo riconoscere i meriti altrui. Il che, tra l’altro, è anche un marker, un rivelatore, cioè dice se abbiamo o no dentro di noi un modello, un ideale di perfezione. Nessuno è senza pecche: la psicologia insegna che lodando qualcuno (che vale) il lodatore mostra anche un certo autocompiacimento. E in fondo perfino il santo è un narcisista... Però se tutti lodassero i migliori, migliori nel loro campo (piccolo o grande), l'Italia sarebbe migliore. Invece l'Italiano tipo, sempre pieno di sé e pronto a pavoneggiarsi quanto più è mediocre, non riconosce mai il merito degli altri, se non per servilismo quando arrivano al potere o li lancia la tv. Non credo di aver esagerato, sono convintissimo di quello che ho scritto, sono uno ottocentesco (decisamente, in questo, moralista) che ama additare esempi, fare battaglie generali, per gli altri. E come tu vai a caccia di alberi io vado a caccia di persone (e sì, perché credo che tutto dipenda dagli individui, non dai sistemi o dalle società) eccezionali, perché dotate di ideali e buone cause che sono, appunto, una eccezione rispetto al nulla degli altri.Tu non hai fatto e non fai cose trascendentali in assoluto, ma fai qualcosa che nessuno, o quasi, fa in Italia. E mi dici niente? Tutto è relativo. E’ come in guerra o nella vita: se tutti scappano, l’unico che resta al posto suo e fa il suo dovere si prende la medaglia. Se sull’ambiente e la Natura gli altri sono dei barbari ignoranti, cosa che penso da sempre, ecco che chi mostra sensibilità, non a parole, ma coi fatti, merita il massimo del premio. E poi non ti occupi di animali da comandare o con cui si può giocare, ma di esseri immobili e statici, di cui nessuno può impossessarsi portandoli in salotto come sostituti dei figli non avuti o mal educati. Scrivendo il pezzo pensavo insistentemente a L’Homme qui plantait des arbres, il bel racconto di Jean Giono stupendamente trascritto per disegni animati (l’hai visto?). che per me è oggetto di culto. E poi il mio alias preferito è: Fagus sylvatica (anzi rimprovero ancora Linneo per non averlo chiamato più correttamente sylvester). Ciao.
 
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