13 aprile 2009

 

“Rottamiamo le case senza qualità e non anti-sismiche”. Questo è il momento

Appello a Berlusconi
ROTTAMIAMO LE CASE SENZA QUALITA'
Il Riformista, 10 aprile 2009
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Caro Presidente, nella tragedia che oggi vive il nostro Paese, il terremoto dell'Aquila, c'è un dato nuovo: la consapevolezza che una tale catastrofe, le sue dimensioni così rilevanti e drammatiche, non è l'effetto di un evento naturale imprevedibile, ma soprattutto la conseguenza delle gravissime mancanze della politica urbanistica ed edilizia degli ultimi 60 anni. Perché, come in queste ore tutti sottolineano, se è vero che i terremoti non sono prevedibili, i loro effetti catastrofici possono essere invece, ce lo insegna il Giappone, fortemente contenuti.
Ora, proprio in queste settimane, Lei ha indicato la necessità di un rilancio dell'edilizia e ha affidato al Parlamento e alle Regioni la discussione sulle più opportune revisioni della legge urbanistica. Noi concordiamo con Lei sull'importanza per l'economia del settore dell'edilizia e delle costruzioni: esso è tanto più importante in una congiuntura difficile come quella che stiamo vivendo.
Poiché però il patrimonio edilizio italiano è, per diverse ragioni, fragilissimo, occorrerebbe una spinta duplice per dargli valore. Da un lato un rafforzamento della tutela e della conservazione dei centri storici che sono beni unici e irriproducibile (non diversamente dalle aree agricole); dall'altro, un radicale e incisivo intervento di rottamazione dell'edilizia post-bellica, priva di qualità e spesso non antisismica.
Da qui deve partire una innovativa e positiva politica urbanistica. Oltre all'aumento delle cubature, una proposta intrinsecamente allettante ma insidiosa, occorre un piano armonioso di ridefinizione urbanistica del territorio per il quale è necessaria e invocata da tempo quella rottamazione dell'edilizia moderna senza qualità, inabile alla resistenza ai terremoti e inadeguata all'efficienza energetica prevista e, anzi, obbligatoria per ogni nuovo edificio in tutta Europa. Se lo Stato e le Regioni decidessero davvero di realizzare, e quindi di condividere, un simile piano strategico, questo sarebbe la "grande opera" epocale e necessaria alla nostra civiltà.
Per realizzarla si possono affiancare, al risparmio dei privati, agevolazioni fiscali e risorse pubbliche. In questo modo si coglierebbe un'occasione storica che non può non esserLe di immediata evidenza: ristabilire la sicurezza delle nostre case, risarcire almeno una parte della bellezza perduta in questi decenni, e riparare le più gravi offese e violenze patite dal paesaggio - in palese violazione della Costituzione - dal patrimonio storico e artistico, nei centri storici piccoli e grandi e in prossimità delle aree archeologiche più importanti.
Se proviamo a immaginare cosa significherebbe tutto questo, un grandioso investimento in ciò che il nostro Paese ha di più notevole, le città, i paesaggi, la loro indifesa bellezza, possiamo facilmente prevedere i benefici economici e sociali e le opportunità non solo culturali per i molteplici soggetti coinvolti ma per l'immagine e la credibilità dell'Italia.
La ricostruzione di edifici più belli, più sicuri e con più convenienti materiali, anche di più ampia e vantaggiosa cubatura, come da Lei proposto, potrebbe essere conseguita senza danni realizzando ciò che il grande architetto Andrea Palladio voleva per le fabbriche del suo tempo, che fossero "comode e belle". Con questo auspicio e per poterLe esporre personalmente queste nostre idee, Le chiediamo, con comune apprensione per il destino dell'Italia, a noi come a Lei caro, un incontro.
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Emma Bonino, Vice Presidente del Senato,

Aldo Loris Rossi, Architetto e autore del "Manifesto di Torino",
Carlo Ripa di Meana, Presidente Comitato Nazionale del Paesaggio,
Elisabetta Zamparutti, deputata radicale Commissione Ambiente,
Vittorio Sgarbi, Sindaco di Salemi
Antonella Casu e Bruno Mellano, Segretaria e Presidente di Radicali Italiani

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Comments:
Un costo grandioso, ma può essere programmato e diluito nel tempo. Ed è sempre meglio che ricostruire malamente dopo i ricorrenti terremoti.
 
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