23 settembre 2009
Stati Uniti e Cina cominciano ad ammettere i propri errori sull’ambiente
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CINA, MEGLIO TARDI CHE MAI: "RIDUZIONE DI CO2" - E proprio la Cina, come atteso, ha lanciato un segnale positivo. Il presidente Hu Jintao ha detto che il Paese intende ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto nazionale lordo di un "margine notevole" entro il 2020. Davanti a una platea di oltre cento leader mondiali, Hu ha precisato che il suo governo sta portando avanti enormi sforzi e che continuerà ad agire "con determinazione": ha parlato di un importante aumento della superficie boschiva, di tecnologie eco-sostenibili e di un aumento del 15% della quota di energia non fossile nel totale del consumo grazie a uno "sviluppo vigoroso" delle energie rinnovabili e nucleare. Ad oggi la Cina è considerata il Paese maggiormente responsabile dell'inquinamento globale dell'atmosfera assieme agli Usa: ai due Paesi è riconducibile il 40% delle emissioni di Co2. Il primo ministro giapponese Yukio Hatoyama, dicendosi in totale accordo con il "Green New Deal" di Obama, ha ricordato che il suo Paese intende ridurre del 25% le emissioni di gas serra entro il 2020.
SENTI CHI PARLA. ORA ANCHE LE PULCI HANNO LA TOSSE - L'incontro al Palazzo di Vetro è stato aperto dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che ha rimproverato la comunità internazionale per la "lentezza glaciale" dei negoziati verso un nuovo trattato che sostituisca il protocollo di Kyoto nel 2013. "Abbiamo meno di dieci anni per evitare gli scenari peggiori - ha detto Ban di ritorno da una missione al Polo Nord -. Sull'Artico i ghiacci potrebbero sparire entro il 2030 e le conseguenze sarebbero sentite dai popoli di ogni continente". Il cambiamento climatico colpisce soprattutto i Paesi meno sviluppati e in particolare l'Africa, dove "il cambiamento climatico minaccia di cancellare anni di sviluppo, destabilizzando Stati e rovesciando governi". Ban ha lanciato un appello ai Paesi industrializzati, invitandoli "a fare il primo passo", perché così "altri adotteranno misure audaci". Il nuovo trattato deve includere "obiettivi per la riduzione di emissioni entro il 2020 e supporto finanziario e tecnologico" ai Paesi in via di sviluppo. Un fallimento alla conferenza sul clima di Copenaghen di dicembre, ha concluso, sarebbe "moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato".
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