04 marzo 2011
Italia “morta” senza centrali nucleari? No, anzi, più viva senza gli sprechi
Ma come abbiamo già criticato Veronesi per il favore con cui ha annunciato uno strano e inutile pomodoro nero-viola, solo perché più ricco di banali polifenoli che nel mondo vegetale si trovano dappertutto, così prendiamo le distanze ora che loda con entusiasmo da neofita. e per partito preso, l'energia nucleare. Si sa che è stato nominato presidente dell'Agenzia per la Sicurezza Nucleare. un ente che per quanto faccia o dica non potrà assicurare proprio nulla in fatto di sicurezza. Le scorie delle centrali nucleari, che restano radioattive per milioni di anni, sarebbero un problema insormontabile in un Paese in cui perfino i rifiuti urbani prodotti da una popolazione maleducata dal consumismo come quella campana sono rifiutati.
Ma da ecologisti liberali, ci preoccupa anche il deficit di libertà, il problema della convenienza economica e il surplus di costi che porterà un programma nucleare, nel caso (periodo ipotetico di III tipo) che fosse davvero realizzato.
Quale strano e masochistico pool di industrie si sobbarcherebbe gli oneri colossali di costruzione e di gestione degli impianti, in tempi di crisi economica stabile, e con la certezza di riavere i primi euro non prima di 10-12 anni?
E nel frattempo che cosa otterranno i malcapitati o furbi investitori di nascosto e di vietato (dal mercato e dalla morale) da parte dei vari Governi che si succederanno? Non ci saranno favori ai soliti industriali amici, fuori di ogni regola di concorrenza e di parità dei punti di partenza? Anzi, non sorgerà il lancinante sospetto che tutta la mastodontica operazione-bluff sia stata solo un costoso fuoco di paglia per favorire qualcuno alle spalle dei cittadini, dilapidando i soldi di tutti?
Sull'energia nucleare in sé, poi, non c'è da parte nostra, laicamente, nessuna posizione ideologica e aprioristica, sia chiaro. Soltanto, prendiamo atto che negli ultimi anni vari studi e interventi hanno appurato che il nucleare è troppo costoso, poco sicuro, insufficiente e perfino tecnologicamente un po' vecchio, come risulta da un esauriente convegno scientifico tenuto sul tema, da una dichiarazione della Bonino per i Radicali, e anche dalla posizione del maggiore ente protezionistico, Italia Nostra.
Inoltre, una proiezione dell'ENEL ha dimostrato che basterebbe razionalizzare i consumi elettrici ed eliminare gran parte degli innumerevoli sprechi - a parità di tenore di vita e con costi di riconversione bassi - per risparmiare l'equivalente di molte centrali nucleari.
Ma tranne gli studiosi che disegnano grafici e proiezioni, non parla nessuno di risparmio energetico, neanche i Verdi, come se prendessero atto che è un tema impopolare, che porta elettoralmente "sfiga", in un Paese maleducato al consumismo più becero e da "nuovi ricchi" del Terzo Mondo. E' un loro problema di intelligenza e comunicazione.
Senza contare il problema delle scorie, radioattive per l'eternità: i Governi che si succederanno dovranno far ricorso alla forza pubblica, anzi all'esercito in armi, per imporle alla popolazione? Da liberali siamo seriamente preoccupati del sorgere di una sorta di Stato di polizia ad uso energetico. E, visto che i Servizi Segreti non funzionano e da noi entra chiunque, specialmente dal Medio Oriente, non vorremmo che le centrali nucleari offrissero bersagli in più ai terroristi, già abituati in Iran a confondere tra nucleare civile e nucleare militare.
Insomma, come ecologisti e liberali siamo ovviamente per la scienza, per la tecnologia e per il Progresso, ma cercando di prevenire le applicazioni cariche di effetti secondari negativi. E siamo anche anche per la libertà (di tutti, non solo di pochi investitori furbi e raccomandati), per la moralità del mercato, le regole certe che tutti devono rispettare, il buonsenso dei costi in attivo, l'opportunità degli investimenti, il risparmio, la lotta agli sprechi, e anche per il minor danno possibile alla vita degli uomini e alla Natura.
Dopotutto, essere liberali non significa essere dei maniaci "costruttivisti" ad oltranza e a tutti i costi. Ogni persona sensata, liberale o no, si fa un po' di calcoli in tasca prima di investire. Perché un Governo non dovrebbe farlo?
Invece, a sentire certi conservatori ultrà mascherati da "liberisti", sembrerebbe che il mercato sia tutto in mano all'Ordine degli Ingegneri: un ordine e i bravissimi tecnici nucleari italiani, noti in tutto il Mondo, ti sfornano decine di centrali nucleari in pochi anni, realizzando nello stesso tempo, nientemeno, la Autosufficienza Energetica, il Progresso e lo stesso Liberalismo... Figuriamoci, così non è, ovviamente, e gli incolpevoli e bravissimi ingegneri italiani non sanno nulla di queste fantasticherie da Destra americana cara a Bush e ai film western dei cinema di terza visione negli anni Cinquanta.
Anche il Grande Cortile dei frustrati, Facebook, è affollato di gente che confonde il Liberalismo con una specie di società di muratori. Sembra quasi che costruire la migliore delle ideologie possibili significhi fare, anzi far fare, ai soliti amici, qualche Grande Opera. Così, tanto per fare qualcosa, a fondo perduto, solo per propaganda - alla Mussolini - e per far girare i soldi, ovviamente nelle tasche dei soliti noti.
Muratori poco liberi, però. Ricordiamo agli amici conservatori che si vergognano del loro nome (me perché? ripetiamo con Gobetti), che, malgrado cazzuola e compasso ce l'abbiano nel simbolo, le società dei "Liberi Muratori" ("maçonnerie") che al Liberalismo dettero impulso nel '700 e nell'800, erano solo simboliche... NICO VALERIO
.
Ecco l'intervista incriminata, pubblicata dalla Stampa, a firma di L.Ubaldeschi, ieri 3 marzo.
.
VERONESI: "SENZA NUCLEARE L'ITALIA E' UN PAESE MORTO"
«Spiegherò ai cittadini che si può fare in sicurezza e che non è giusto avere paura»
La Stampa, 3 marzo 2011
.
Vista con gli occhi di Umberto Veronesi, la questione del ritorno all’atomo è estremamente semplice. «Senza il nucleare l’Italia muore. Tra 50 anni finirà il petrolio, tra 80-100 il carbone, seguito poi dal gas. Altre fonti non saranno sufficienti a fornire l’energia di cui abbiamo bisogno. Il risultato? Non avremo la luce, non potremo far funzionare i computer o i frigoriferi e neppure far viaggiare i treni. Se lo immagina?».
Se questa è la (apocalittica) premessa, non è difficile capire perché il medico più famoso d’Italia, a 85 anni, abbia deciso di abbandonare il Senato e accettare la presidenza dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. L’incarico - c’è da scommetterci - porterà con sé una cospicua dote di polemiche, ma Veronesi non ha dubbi che il piano possa realizzarsi senza pericoli per le persone e l’ambiente.
Professore, recenti sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è contraria al nucleare. Non la preoccupa andare controcorrente?
«No, anzi, la conflittualità mi stimola. Sono abituato ad affrontare problemi scabrosi. L’importante è essere sicuro che la scelta che faccio sia moralmente corretta».
E in questo caso lo è?
«Assolutamente sì. Come oncologo conosco molto bene le radiazioni e i modi per proteggere i pazienti.Voglio dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non corrono rischi».
Conoscerà altrettanto bene le contestazioni mosse dal fronte degli oppositori, vero? «Guardi, ci sono essenzialmente tre problemi per quanto riguarda un reattore nucleare. Primo, garantire la sicurezza nel funzionamento ordinario, obiettivo non difficile. Poi c’è la questione delle scorie e mi creda, nessunomai almondo èmorto per inquinamento da scorie. Infine c’è il fattore umano, la possibilità di poter disporre di personale qualificato è fondamentale. Basta pensare che i due grandi incidenti nelle centrali nucleari hanno avuto una caratteristica comune: sono dipesi da errori umani. E’ stato così a Three Mile Island, negliUsa, come a Cernobil».
Quel nome, Cernobil, a distanza di 25 anni agita ancora negli italiani incubi difficili da scacciare.
«Lo so, ma so anche che Cernobil è qualcosa che non potrà più accadere. Là era tutto sbagliato. C’era una macchina vecchia, pensata per usi militari, non civili. Si decise di fare un esperimento, vera follia in una centrale. E il direttore dell’impianto non era un esperto di nucleare».
Con questo che cosa vuol dire?
«Che poiché il fattore umano è cruciale, la mia attenzione maggiore sarà formare personale adeguato dal punto di vista tecnico, scientifico,ma anche psicologico, perché sappia far fronte alla pressione».
Ma dopo un quarto di secolo lontano dal nucleare, l’Italia ha il bagaglio di conoscenze necessarie?
«Due aspettimi confortano. In primo luogo che abbiamomantenuto viva la ricerca e centri come quello di Casaccia, vicino a Frosinone, sono all’avanguardia. Poi il fatto che partire da zero ci consente di usare le tecnologie più moderne e il tempo necessario a impiantarle ci daràmodo di creare le competenze per usarle almeglio».
C’è chi sostiene che le tecnologie scelte dall’Italia per le nuove centrali rischino di risultare superate una volta che gli impianti entreranno in funzione. Come risponde? «Ma noi non abbiamo ancora fatto una scelta definitiva, per cui l’obiezione non è fondata. E poi, una centrale è studiata per durare da 60 a 100 anni. Se anche ne trascorrono 10 per averla operativa, certo non potrà essere considerata vecchia».
Torniamo al primo problema che lei ha sollevato, il funzionamento del reattore. Gli ambientalisti ripetono che, pure in condizioni di normalità di un impianto, ci sono piccole dispersioni che creano conseguenzeper la salute. E’ vero?
«E’ un’invenzione assoluta. Non esce nulla. Meglio, esce dell’acqua, che può avere minime quantità di radiazioni, ma molto inferiori anche rispetto al livello di legge. Non crea problemi».
Resta la delicatissima questione delle scorie e di come smaltirle. Quando nel 2003 il governo individuò Scanzano Jonico come sede del deposito nazionale, ci fu una sollevazione popolare. Come pensa di affrontare questo aspetto?
«Il discorso è complesso, provo a ridurlo all’essenziale. Solo una piccola parte delle scorie richiede millenni per depotenziarsi completamente. Vanno messe in sicurezza, e ci sono le soluzioni per farlo, dentro una montagna o a grandi profondità. Al tempo stesso, si stanno affinando tecniche per renderle innocue più in fretta. Soprattutto, l’Italia potrà non avere depositi di scorie pericolose».
In che senso?
«Si tende a individuare un unico sito per Continente. In Europa ci sono tre soluzioni allo studio, tutte fuori dai nostri confini. Ma il punto vero è che le scorie sono sì un problema serio e costoso, ma non devono spaventare. Non si sorprenda se dico che c’è più radioattività in un ospedale. O ancora, lo sa che c’è uranio anche in un bicchier d’acqua? ».
Ma tra un bicchier d’acqua e una centrale esiste una bella differenza. La realtà è che c’è ancora paura fra la gente. Questo non conta?
«Ho trascorso lamia vita a combattere le paure ingiustificate. Soltanto 40 anni fa in Italia c’era ancora il timore a usare il forno amicroonde, per non dire di quando cominciò a girare la storia che il pane congelato in freezer fosse cancerogeno. Assurdità, lo sappiamo. Ma voglio dire che spesso la paura è frutto di ignoranza. Sono timori vaghi, confusi, sui quali giocano alcuni movimenti politici. Il risultato? Non si possono usare gli Ogm, non si fa la Tav, si bloccano i termovalorizzatori... ».
Mentre lei non ha dubbi che la soluzione del nucleare sia sicura.
«Certo.Guardiamo che cosa succede nel mondo. Tutti i Paesi puntano sul nucleare. La Cina ha previsto 120 centrali, l’India 60, la Francia ne ha 62, il programma svizzero ne contempla 8 per 8milioni di abitanti. Capisce? E ancora: scommettono sul nucleare Paesi di cui si parla meno, la Lituania, la Slovacchia, l’Armenia. Ma lo sa che anche inMedio Oriente, nella culla del petrolio, hanno imboccato questa strada? Gli Emirati Arabi hanno ordinato 4 reattori, tanti quanti è previsto ne abbia l’Italia. Possibile che siamo noi i più intelligenti a opporci?».
Le fonti rinnovabili non possono essere un’alternativa?
«Sarebbe bellissimo, ma dobbiamo intenderci. Dalle biomasse può arrivare l’1-2% del fabbisogno italiano, così come dalla geotermica. L’idroelettrica è praticamente già al massimo. L’eolica? Procede, ma abbiamo poco vento e bisogna pensare anche al paesaggio e al turismo. E se comunque, per assurdo, riempissimo la penisola di pale, arriveremmo a coprire il 10-15%. Resta il solare, io sto giusto mettendo un impianto nella mia casa in campagna. Ma è questa la dimensione, va bene per le famiglie, non per una grande fabbrica».
Il nucleare evoca anche scenarimilitari. Lei, che da anni si batte per il disarmo, non si sente un po’ al centro di una contraddizione?
«Per nulla. Lavoro per usare l’atomo a fini di pace. Nel mondo ci sono già oggi 30 mila testate nucleari, non c’entrano con la scelta di realizzare un impianto per produrre energia».
Una centrale agita anche il rischioterrorismo. E’ d’accordo?
«E’ chiaro che servono contromisure, ma non credo sia un pericolo reale pensare a qualcuno che si impossessa di materiale nucleare per costruire una bomba.Troppo difficile».
Lei, pur non essendo iscritto, è stato eletto nelle fila del Pd, un partito contrario al nucleare. Ha provato imbarazzo per questa diversità d’opinione?
«Difendo le mie posizioni di uomo di scienza. So che nel Pd c’è chi ha idee diverse, lo rispetto, ma restiamo distanti. Comunque, non è per questo che mi sono dimesso da senatore».
Così come nel 1987, c’è ancora un referendum che può bloccare il nucleare in Italia. Teme il voto?
«Le rispondo con una battuta. Se dovessero prevalere i contrari, io avrei più tempo libero per dedicarmi alla famiglia e ai miei interessi. Peccato che a rimetterci sarebbe il Paese».
Etichette: energia, energie alternative, nucleare, risparmio energetico
<< Home