29 gennaio 2014
Alberi vecchi o monumentali. Altro che cadenti: garantiscono il grosso della crescita delle foreste.
La crescita degli alberi non rallenta mai. Anche da vecchi, secolari, anche se venerati solo perché testimoni biologici e di storia naturale o protetti come veri propri “monumenti vegetali”.
Com’è possibile? Tra i tanti fattori studiati, è soprattutto il livello di carbonio C sequestrato a testimoniare la grande attività biologica dei patriarchi vegetali. Ebbene, gli alberi antichi continuano a svolgere il loro prezioso lavoro di accumulazione del carbonio, anzi lo fanno sempre di più, man mano che aumentano le loro dimensioni. “Rate of tree carbon accumulation increases continuously with tree size”, è appunto il titolo di un importante e recente studio scientifico di cui ci occupiamo.
Al contrario di quanto i profani, ma anche molti “esperti”, credono, gli alberi vecchi rappresentano la maggior parte della crescita in una foresta, in valori assoluti, compreso l’accumulo di carbonio (indice prezioso della loro vitalità e funzione ecologica), purché ovviamente non abbiano perso le foglie e siano moribondi. E’ insensato, stupido, perciò, eliminarli selettivamente solo perché sono “i più vecchi”, come fanno certi sedicenti “tecnici” forestali o “silvicoltori”, specialmente in Italia. Ora una grande ricerca toglie a questa gente e agli amministratori locali, che tanti danni hanno fatto alla Natura e al paesaggio, ogni scusa “scientifica” per abbattere gli alberi non più giovani.
A dire la verità, gli antichi montanari e qualche moderno escursionista e naturalista più attento lo avevano intuito. Ma ora un grande studio apparso su Nature lo dimostra*. E’ presentato da un articolo di J. Tollefson dal titolo: “La crescita degli alberi non rallenta mai: non è vero che i giovani alberi abbiano un vantaggio sui loro fratelli maggiori nell'accumulo di carbonio”. La cosa ha incuriosito il sito della Società di Chimica italiana, nientemeno, che lo ha commentato con una partecipazione singolare che va ben oltre il compiacimento che un “laboratorio chimico” a costo zero come un albero funzioni a meraviglia anche da vecchio (mentre lo stesso non si può sempre dire dei laboratori chimici umani…) continuando senza tante provette, matracci, bèute e apparecchi vari ad accumulare C eliminando CO2 dall’aria. Se n’è accorto su Facebook lo studioso genovese di ecologia F. Valerio, e infine me ne sono accorto io. Così siamo corsi a leggere la presentazione di Nature (per lamentarci subito della pessima qualità del suo inglese “parlato”: allora, tanto vale l’inglese degli studi scientifici, è molto meglio…).
Sorpresa: si tratta di un grande studio, oltreché innovativo. N. Stephenson e colleghi hanno analizzato milioni di dati studiando 673.046 alberi di 403 specie in numerosi appezzamenti di foresta, sia in aree tropicali che temperate di tutto il mondo. Così hanno scoperto che gli alberi più grandi e vecchi anziché declinare hanno guadagnato più massa ogni anno nel 97 % delle specie, grazie alle loro nuove foglie, a rami più grossi ed estesi, e aumentando sempre più diametro del tronco e altezza.
I soliti “esperti” dirigenti e forestali vari, i praticoni che nelle foreste selvagge, nei parchi naturalistici, nei giardini cittadini, teorizzano sulla “eliminazione selettiva” dei vecchi alberi, senza che esista nessun motivo di pericolo, spesso solo per dimostrare l’utilità del proprio ruolo professionale, spesso tutta da dimostrare, oppure banalmente perché il proprietario vuole monetizzare, “fare legna” da vendere, saranno serviti da questo studio.
Perché la Natura dimostra che anche gli alberi monumentali conservano la loro vitalità, eccome. Anzi, sono loro a costituire la parte più attiva in assoluto di una area boscosa, grazie alla estensione in superficie. E man mano che diventano più grandi sequestrano sempre più carbonio in valori assoluti, anche se non in valori percentuali relativi. Per esempio, si è visto che in una vecchia foresta nell'ovest degli Stati Uniti, gli alberi grandi, oltre i 100 centimetri di diametro, erano solo il 6 %, eppure rappresentavano il 33 % della crescita totale. E le metodologie del tutto nuove e minuziose della ricerca hanno preteso che i tecnici si arrampicassero perfino in cima a sequoie ed eucaliptus (alberi che possono arrivare a oltre 100 m di altezza), mentre in precedenza gli studiosi misuravano ad altezza d’uomo, arrangiandosi poi con calcoli induttivi per le altre misure. Ad ogni modo, hanno tenuto a precisare gli autori, le conclusioni fondamentali di questo studio si applicano a quasi tutti gli alberi.
E’ vero che negli alberi d’una certa età si verifica una riduzione della crescita al livello di foglia, che insomma le singole foglie possono essere meno efficienti di quelle degli alberi giovani, ma è altrettanto vero che gli alberi più vecchi, in quanto a foglie, semplicemente ne hanno di più. E si è visto, conclude lo studio, che “al limite, un unico albero grande può aggiungere in un anno la stessa quantità di carbonio alla foresta di quella apportata da un albero di medie dimensioni”. Insomma, sono ancora competitivi e produttivi. “E' la realtà geometrica della crescita dell'albero: alberi più grandi hanno più foglie, e hanno più superficie attraverso cui il legno è depositato”, dice Sillett, uno dei ricercatori .
L'idea che le foreste più vecchie siano cadenti è davvero solo un mito”. Incalza un italiano coinvolto nella ricerca: M. Mencuccini, ecologo forestale presso l'Università di Edimburgo, UK: “Gli alberi più giovani possono crescere più velocemente su una scala relativa, il che significa che prendono meno tempo per, diciamo così, raddoppiare in dimensioni. Ma in valori assoluti, i vecchi alberi continuano a crescere molto di più". E sono quelli che costituiscono il grosso di boschi e foreste, dappertutto. Un grosso errore, perciò, pensare che periodicamente un bosco li debba tagliare senz’altro motivo che la loro età. E’ un’idea da stupidi, che finora ha danneggiato gravemente paesaggi naturali e urbani, oltre alle ben note ripercussioni sul clima quando la deforestazione è praticata su vasta scala. Ma questo è un altro discorso.
* Stephenson et al. (2014). Rate of tree carbon accumulation increases continuously with tree size. Nature. Published online 15 January 2014.
Abstract: Forests are major components of the global carbon cycle, providing substantial feedback to atmospheric greenhouse gas concentrations. Our ability to understand and predict changes in the forest carbon cycle – particularly net primary productivity and carbon storage – increasingly relies on models that represent biological processes across several scales of biological organization, from tree leaves to forest stands. Yet, despite advances in our understanding of productivity at the scales of leaves and stands, no consensus exists about the nature of productivity at the scale of the individual tree, in part because we lack a broad empirical assessment of whether rates of absolute tree mass growth (and thus carbon accumulation) decrease, remain constant, or increase as trees increase in size and age. Here we present a global analysis of 403 tropical and temperate tree species, showing that for most species mass growth rate increases continuously with tree size. Thus, large, old trees do not act simply as senescent carbon reservoirs but actively fix large amounts of carbon compared to smaller trees; at the extreme, a single big tree can add the same amount of carbon to the forest within a year as is contained in an entire mid-sized tree. The apparent paradoxes of individual tree growth increasing with tree size despite declining leaf-level and stand-level productivity can be explained, respectively, by increases in a tree’s total leaf area that outpace declines in productivity per unit of leaf area and, among other factors, age-related reductions in population density. Our results resolve conflicting assumptions about the nature of tree growth, inform efforts to undertand and model forest carbon dynamics, and have additional implications for theories of resource allocation and plant senescence.
IMMAGINI. 1. Vecchissimo e maestoso faggio nelle foreste teramane del Gran Sasso (V. Capodarca). 2. Castagno pluricentenario di Grisolia (Calabria), da Blogeko. 3. Albero grande e vecchio nel folto d’una foresta pluviale.
AGGIORNATO IL 30 GENNAIO 2014
Etichette: alberi, deforestazione, paesaggio, parchi nazionali, ricerca, scienza