11 giugno 2011
Premio Nobel Rubbia: "Nucleare? No, costa troppo: meglio geotermia e gas"
Anche l’Italia ha avuto lo tsunami, non lo ricorda mai nessuno. Ed ha causato, con un disastroso terremoto, ben 100 mila morti a Messina e Reggio Calabria (1908). Un secolo dopo, il recente terremoto dell’Aquila, pur di grado modesto, ha tuttavia distrutto tante case antiche e fatto non pochi morti, rivelando errori di progettazione ed esecuzione perfino in palazzi nuovi, crollati anch’essi, e una disorganizzazione e corruzione amministrativa ancora più preoccupanti dello stesso evento sismico.
Figuriamoci se l’Italia, questa Italia, può permettersi delle centrali nucleari. E il fatto che sia circondata da centrali nucleari nei Paesi confinanti, a cui paghiamo l’energia importata, non è una buona argomentazione per costruire anche noi impianti nucleari. Intanto la catena delle Alpi è una buona protezione in caso di eventi castastrofici, e poi le somme spese oggi per l’elettricità importata – una parte è addirittura rivenduta con guadagno - sono nulla rispetto a quelle che dovremmo investire, senza alcuna speranza di ammortizzarle mai, per centrali sul nostro territorio. La costruzione durerebbe oltre 10 anni e la loro vita media, specie dopo la tragedia di Fukushima che ha accoprciato la vita di tutte le centrali, sarebbe di 10 anni, tutt’al più. Quindi sarebbero costosissime: una vera pazzia economica e ambientale.
Lo hanno capito anche gli scienziati. Alla vigilia del referendum sull'atomo in Italia, il premio Nobel 1984 per la fisica, Carlo Rubbia, ha concesso una intervista ad Antonio Cianciullo sulla Repubblica di oggi. "Guai a ignorare la lezione di Fukushima", ha detto Rubbia. Piuttosto, utilizziamo la tanta energia che abbiamo nel sottosuolo italiano, e dalla combinazione di gas ed energia geotermica potremmo trarre grandi vantaggi. Per esempio, ha aggiunto, dal sottosuolo di Lazio, Toscana e Campania potremmo ricavare con opportune tecnologie un potenziale energetico pari a ben quattro centrali atomiche. Se poi, aggiungiamo noi, ci mettiamo anche la razionalizzazione di distribuzione e consumi, a parità di stile di vita, otterremmo risparmi pari fino al 30% complessivo (proiezione ENEA), che sarebbe come ritrovarsi in casa svariate centrali atomiche gratuite e senza i rischi. NICO VALERIO
Ecco l’intervista di Rubbia alla Repubblica:
"Fukushima ha rappresentato una grande sorpresa perché ha evidenziato uno scollamento tra le previsioni e i fatti. È stata una lezione ed è pericoloso non imparare dalle lezioni. Soprattutto per un paese come l'Italia che con il Giappone ha molti problemi in comune: non solo la sismicità ma anche gli tsunami prodotti da un terremoto, come l'onda gigante che ha distrutto Messina nel 1908. È ragionevole fare una centrale atomica in Sicilia?".
Carlo Rubbia, il Nobel che in Italia ha inventato il progetto pilota per il solare termodinamico, osserva il panorama energetico a tre mesi dall'inizio di un incidente nucleare che non si è ancora concluso.
Dopo Fukushima tutto il mondo s'interroga sul futuro del nucleare e paesi come la Germania e la Svizzera hanno deciso di uscire dal club dell'atomo. Il governo italiano invece vuole rientrare. Le sembra una buona scelta?
"Non si può rispondere con un sì o con un no. Bisogna esaminare i problemi partendo da una domanda fondamentale: quanti soldi ci vogliono e chi li mette. Si dice che una centrale nucleare costa 4-5 miliardi di euro. Ma senza calcolare gli oneri a monte e a valle, cioè le spese necessarie per l'arricchimento del combustibile e per la creazione di un deposito geologico per le scorie radioattive come quello che gli americani hanno cercato di fare, senza riuscirci ma spendendo 7 miliardi di dollari, a Yucca Mountain".
Insomma quanto costerebbe il piano italiano che punta ad arrivare al 25 per cento di elettricità dall'atomo?
"Per raggiungere un obiettivo del genere, e o si raggiunge un obiettivo del genere oppure è inutile cominciare perché si hanno solo i problemi senza i vantaggi, serviranno una ventina di centrali e quindi possiamo immaginare un costo diretto che si aggira sui 100 miliardi di euro. Il punto, come dicevo, è chi li mette sul tavolo".
In tutto il mondo i capitali privati tendono a tenersi lontani dal nucleare, li spaventa il rischio.
"Proprio così. Nei paesi che hanno scommesso sull'energia nucleare questa scelta è stata finanziata, in un modo o nell'altro, dallo Stato, spesso perché lo Stato era impegnato nella costruzione di bombe atomiche. Per questo le centrali francesi sono costate tre volte meno di quelle tedesche: buona parte degli investimenti strutturali erano a carico della force de frappe. Ora se in Italia ci sono - e sarebbe una novità - privati interessati a investire in questo settore, bene: si facciano avanti. Altrimenti bisogna dire con onestà che i soldi vanno presi dalle tasse".
La Germania ha deciso di chiudere le centrali nucleari perché considera più conveniente investire nelle fonti rinnovabili. Condivide il giudizio?
"Io ho parlato a lungo proprio con le persone che hanno preso questa decisione. È stato un passo importante perché il futuro è lì, ma bisogna tener presenti i tempi dell'operazione: le fonti rinnovabili per esprimere a pieno il loro potenziale, arrivando a sottrarre quote importanti ai combustibili fossili, hanno bisogno ancora di 10-15 anni. Quindi bisogna pensare a una transizione".
Per questo il centrodestra italiano parla di nucleare.
"Non diciamo sciocchezze, una centrale nucleare approvata oggi sarebbe pronta tra 10-15 anni, alla fine del periodo di transizione. Noi abbiamo bisogno di impianti con un basso impatto ambientale e tempi di costruzione rapidi. Penso a un mix in cui l'aumento di efficienza gioca un ruolo importante, sole e vento crescono e c'è spazio per due fonti che possono produrre subito a costi bassi".
Quali?
"Innanzitutto il gas, che è arrivato al 60 per cento di efficienza e produce una quantità di anidride carbonica due volte e mezza più bassa di quella del carbone: il chilowattora costa poco e le centrali si realizzano in tre anni. E poi c'è la geotermia che nel mondo già oggi dà un contributo pari a 5 centrali nucleari. L'Italia ha una potenzialità straordinaria nella zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania, e la sfrutta in maniera molto parziale: si può fare di più a prezzi molto convenienti. Solo dal potenziale geotermico compreso in quest'area si può ottenere l'energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi".
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