17 dicembre 2009

 

Una volta tanto d’accordo col Vaticano: il Belpaese e l’ignoranza degli Italiani

Non sarà una famosa testata, d’accordo, ma il sito Affari Italiani, come altri blog e siti sul web, non è certo fatto e scritto peggio del Corriere della Sera, ex "grande quotidiano", o della Repubblica, che invece grande non è mai stata, ormai decaduti a tabloid popolari pieni di pubblicità, tv, calcio, pettegolezzo politico, cronaca nera, scandali, titoli sbagliati ed errori d’italiano. Però l’intervista di un ex dirigente dei musei di Firenze, poi ministro dei Beni Culturali e ora direttore dei Musei Vaticani, è di quelle che lasciano il segno. Solo il provincialismo snob e l’inadeguatezza dei giornalisti italioti, per lo più raccomandati, a cui fa comodo considerarsi "giornalisti che fanno opinione", lo ha fatto passare sotto silenzio.
E’ la prima volta che una dichiarazione, una posizione proveniente dal Vaticano, ci trova d’accordo. Paolucci spara duramente contro l’ottusità degli Italiani e, lo si arguisce, anche della classe politica che dovrebbe governarli ed educarli, ma che – aggiungiamo noi – è spesso peggiore del peggiore popolino. Avete ascoltato a Radio Radicale i discorsi dal vivo di deputati o senatori? In alcuni casi fanno rabbrividire dalla vergogna: parlano e ragionano molto meglio certi baristi e meccanici di nostra conoscenza.
Paolucci collega sapientemente la crisi di affluenza dei musei al decadimento del Paesaggio italiano, che in fin dei conti è l’immagine dell’Italia nel mondo, la cartolina illustrata che dovrebbe invogliare i turisti a "visitare l’Italia" e quindi "anche" i suoi musei. Ragionamento ineccepibile, perché chi si muove dall’Arkansas o dal Giappone non pensa d’istinto ai musei italiani, ma all’Italia in sé, anzi, ad una certa immagine dell’Italia che gli è stata tramandata dai grandi viaggiatori dell’Ottocento.
E invece, l’Italia, ormai è brutta, sempre più brutta, altro che Belpaese. Perché i turisti dovrebbero accorrervi? Il territorio è devastato come in poche aree in Europa. Periferie squallide? Certo, ma le periferie in Italia cominciano dai Centri storici. Spesso sono brutte e da abbattere anche le "periferie" costruite nel Novecento. Roma, per dirne una, è una città brutta, bruttissima. Appena si esce dalle mura Aureliane, per esempio da Porta del Popolo, o da Porta Pia o da Porta Capena o da Porta San Pancrazio. Uno si gode la scenografica piazza del Popolo del Valadier, varca la Porta e subito è immerso nella bruttezza dell’orrido piazzale Flaminio. Possibile che nessun amministratore o politico lo noti?
Ma, soprattutto se torniamo in treno dal Nord Europa, stringe il cuore nel vedere le campagne italiane. Come i dolci declivi, i poggi meravigliosi e i filari di alberi sono maltrattati dagli unici frequentatori e padroni della campagna: i contadini.
Abbiamo in Italia una natura addomesticata (ché tale è la campagna) governata da agricoltori per bisogno o fatalità, spesso senza alcuna passione, rozzi e ignoranti, ottusi nella loro pigrizia, incapacità e parsimonia. E non sia scusa la passata o presente povertà. Quando si trattava non di acquistare materiali edilizi costosi, ma di utilizzare col proprio lavoro le ottime pietre del campo per costruire le case coloniche, come in tutti i Paesi d’Europa, il contadino italiano medio, per pigrizia e mancanza di modelli di riferimento, tirava su alla bell’e meglio delle mura degne di una stalla, non di una casa. Che differenza con gli avi Etruschi e Romani, le cui case, anche quelle agricole, destarono la meraviglia dei barbari invasori che ancora abitavano capanne di legno e argilla cruda. Ma che distanza oggi con le belle e raffinate case rustiche di Gran Bretagna, Germania, Francia, che pure hanno paesaggi naturali molto inferiori ai nostri.
L’Italia vista dal treno è tutta un’orribile sequela di gabbiotti per gli animali fatti di cartoni, vetri, armadi abbandonati, letti e brande. Nei campi troneggiano ovunque bianche, oscene, vasche da bagno smaltate, adibite a fontanili per gli animali. Con tutte le pietre a disposizione.
E se ci si inoltra nei campi – una vergogna per la patria di Columella, Catone e Leon Battista Alberti – non c’è più il nobile legno, che pure abbonda in Italia, Paese tra i più ricchi di vegetazione e di boschi. Ma ovunque, regnano incontrastati come in Africa, i materiali di riporto, i rifiuti: lamiere di ferro, ondulex, amianto, gli squallidi mattoni di cemento cavo del Terzo Mondo, e la plastica, tanta plastica, d’ogni forma, consistenza e colore.
Una vergogna. Un degrado materiale che nasconde un più profondo degrado intellettuale e morale, che coinvolge i Governi, il Parlamento, la classe politica, la scuola (l'incultura degli insegnanti italiani è unica: basta vedere o intervistare gli alunni) e le famiglie.
Ha ragione, quindi, il direttore dei Musei Vaticani (nell'intervista su Affari Italiani): perfino la crisi del turismo deriva dall’ignoranza diffusa degli italiani che si riflette sulla devastazione del territorio e dell’ambiente. La stessa ignoranza che fa preferire perfino agli abitanti degli oscuri villaggi un viaggio all’estero (Canarie, Maldive, Grecia ecc) piuttosto che nella bella Italia, che non conoscono. Tanto è vero che usano tutti come falsa scusa i presunti "alti prezzi" del turismo in Italia. E così si fanno spellare in Grecia e altrove, dove si spende ancora di più, e senza le bellezze, le comodità e le gentilezze a cui siamo abituati. (NV)
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La crisi colpisce anche i Musei Vaticani.
IL DIRETTORE: "ABBIAMO SPUTTANATO IL PAESAGGIO"

di Fabio Carosi
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"Crolla la domanda di cultura, in particolare di musei, con una forte diminuzione di visitatori soprattutto nel sud Italia. Ma le maggiori preoccupazioni sono complessivamente per l’offerta turistica italiana a causa del Belpaese che non c’è più. "Le colpe? Un ambiente devastato e un’ignoranza che ci porta ad andare all’estero ignorando i nostri musei civici".
Dalla poltrona comoda anche se delicatissima di direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, in esclusiva per Affaritaliani, denuncia la crisi del sistema museale nostrano, alle prese con un vistoso calo di visitatori. E di introiti. Per il professor Paolucci, già sovrintendente del Polo Museale fiorentino e ministro tecnico dei Beni Culturali del governo Dini, la crisi ha cause ben evidenti che vanno dalla cementificazione del paesaggio, alla costruzione delle città con "orrende periferie", sino alla scarsa cultura degli italiani, transitando anche per quel vizietto italico di truffare i turisti.
Apre con i dati di casa: "A fronte di un calo del 10-12 per cento riferito dal nostro Ministero, i Musei Vaticani tengono botta. Nel 2008 abbiamo chiuso con 4 milioni e 444mila visitatori, quest’anno chiuderemo al 31 dicembre con 4milioni e 250 mila. Ciò significa 2 milioni di euro di incassi in meno tra biglietti e merchandising".
Per il direttore del più importante museo d’Italia (anche se protetto dalle mura dell’extraterritorialità), la colpa della crisi è tutta italiana: "Abbiamo sputtanato il paesaggio – dice senza mezzi termini – trasformando le città in orrende periferie e rincorrendo la concorrenza con l’estero. Dobbiamo invece inseguire un turismo che esca dal classico "turisdotto", cioè l’oleodotto nel quale vengoni infilati i tursiti, spediti tra Firenze, Roma e Pompei. Dobbiamo andare a Empoli, a Castelfranco Veneto, a Belluno a Vicenza e poi a Todi e a Narni. Siamo ancora salvi perché esiste lo stereotipo di vacanze romane".
Quindi la profezia: "La colpa del declino è degli italiani – spiega il professore – se avessero fatto come in Svizzera con efficienza e servizi saremo al primo posto. Invece siamo condannati al declino, perché prima o poi lo stereotipo del Belpaese finirà".
Paolucci conclude con un consiglio: "Bisogna tornare a Pasolini e agli Scritti Corsari e diventare sanamente reazionari, convincendo la gente che sono ignoranti e che devono curare la loro ignoranza".

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Comments:
Parole sante, e non perché stranamente provengono dal Vaticano...:-)
 
Hai ragione, i nostri erano-sono contadini per povertà e necessità, non per vera scelta. Più braccianti che agricoltori, più piccolissimi agricoltori che lavoravano per la mera sopravvivenza che imprenditori. Noi non abbiamo mai avuto una diffusa borghesia contadina.
 
Mi pare un ragionamento tracciato secondo lo scontato modello dell'invettiva; basato su impressioni soggettive; ma non vedo numeri, i dati. Perchè ? Forse non ci sono studi sufficienti? E' possibile. Non sostengo che non sia come lei dice; perbacco! potrebbe anche essere. E sono daccordo sull'ignoranza pervasiva, che lei chiama incultura - non so perchè - e che promana dalla scuola pubblica a catinelle; a valanghe; a tsunami.
Però il suo non è un bell'esempio di pubblicistica. Bisogna partire dagli studi e dai dati; POI, tutte le considerazioni, in piena libertà. Se non ci sono studi, almeno quasi-scientifici, meglio tacere.
 
Il direttore dei Musei Vaticani avrebbe lanciato invettive secondo Fabrizio... E già, perché se vediamo una vasca da bagno sui campi o una discarica sotto casa, prima di lamentarci dovremmo, a suo dire, ordinare uno "studio".
Fabrizio, poverino, deve essere un non-vedente, un handicappato grave, di fisico e di mente, coisicché non esce di casa, non legge, non vede la tv, non va su internet. Non ironizzo sui "diversamente abili". Ma scusi, se non può vedere, a che le servirebbe uno "studio scientifico" sulla spazzatura sotto casa o sulla casa abusiva che ha di fronte?
 
avevo capito, e forse sbagliavo, che si parlava tra liberali. Il nome mi ha tratto in inganno. E' proprio vero quel che dice il mio "maestro" Piero Ostellino, di liberali in Italia ce n'è ben pochi. E lei, passando subito all'insulto - al quale non è degno rispondere - non ponendo domande ma offrendo risposte "autoevidenti", ne è la prova vivente. Questo metodo di discussione, però, a me non interessa. I fatti sono fatti e sono dimostrabili; le opinioni sono opinioni e sono, appunto, opinabili.
 
Fabrizio, non si faccia scudo, come fanno molti mediocri senza idee forti, di un presunto "liberalismo" tutto da dimostrare. Liberali o no (chi non si dice "liberale" in Italia?) lei ha detto una grossa sciocchezza. L'intelligenza e il buonsenso vengono prima dell'esser liberali. Anzi in teoria una persona scema non potrebbe neanche essere liberale, perché priva di spirito critico.
Ma si rende conto della sciocchezza che ha detto? Prima di protestare contro una discarica, una cosa evidente, che sta sotto gli occhi di tutti, "!bisognerebbe fare uno studio", "dare delle cifre"? Rifà il verso all'ottuso erudito reazionario Monaldo Leopardi? Altro che insulti, anche un bambino capisace che nella sua mente c'è qualcosa che non va. Tanti studi inutili...
 
le idee forti le lascio volentieri a lei; a me bastano quelle senza aggettivi. Peraltro lei stesso è lo specchio di quella stessa Italia che tanto critica, della sua sotto-cultura intollerante e totalitaria, dove non c'è spazio per la discussione ma solo per le certezze preconfezionate. Mi spiace per lei e purtroppo, anche per l'Italia.
 
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